La Liturgia secondo Papa Francesco e secondo padre Benedetto (Papa emerito). Qualcuno crede che siano in disaccordo. Per me è evidente che la pensano uguale, entrambi in piena ortodossia cattolica
Lo so benissimo che i due vengono considerati (e descritti e propagandati) come "divisi" o perlomeno "non concordi" sull'argomento.
Secondo me, invece, qualcuno deve avere un difetto di visione (nonché un forte spirito di divisione) per ravvisare tutte le differenze e le contrapposizioni che oggi vengono diffuse dai media e nei salottini virtuali (non solo riguardo alle presunte differenze in tema di Liturgia - riassunte nel presunto conflitto del Motu Proprio di Papa Benedetto XVI Summorum Pontificum del 2007 "versus" il
Motu Proprio di Papa Francesco Traditionis custodes del 2021).
Capisco che a volte la gente non sappia distinguere tra dottrina/teologia cattolica e provvedimenti/ordini papali atti alla migliore applicazione pratica della medesima dottrina cattolica nella vita (anche liturgica).
Capisco, pure, che molta gente non riesca a comprendere che in una certa fase storica un Papa possa ritenere utile un certo provvedimento e, in altra fase storica-ecclesiale, un altro Papa (o perfino lo stesso Papa) possa ritenere più adatto un provvedimento un po' diverso dal precedente, sulla stessa materia.
E sottolineo di nuovo: un po' - perché se poi si vanno a leggere i documenti in questione spesso si scopre che certi cambiamenti consistono soltanto in moderati ri-adeguamenti, dopo la valutazione dei risultati ottenuti coi provvedimenti precedenti, e di conseguenza con un nuovo studio di correttivi necessari per migliorare determinate situazioni. [Nota: mi sto riferendo sempre in particolare alla questione liturgica]
Invece, capisco meno coloro che sono esperti in materia (perché hanno titoli di studio specifici oppure perché se ne occupano da una vita come intellettuali cattolici, giornalisti vaticanisti, ecc.), ma lo stesso non riescono a distinguere le cose.
Possibile obiezione: allora forse è più probabile che quella che non capisce sei tu. Non gli esperti.
Mia risposta: può essere.
E, dato che "so di non sapere", leggo accuratamente e per intero (senza taglia-copia-incolla) i testi di Papa Francesco e di padre Benedetto.
Sia quelli in cui essi espongono i principi - filosofici, teologici, dottrinali, magisteriali - sia quelli dei loro provvedimenti legislativi e/o pastorali.
Da queste letture, e come semplice fedele cattolica, deduco che:
1) si può discutere fin che si vuole se l'uno o l'altro abbiano fatto bene o male a legiferare in un determinato modo; se entrambi potevano o dovevano essere più severi o più laschi; se potevano o dovevano intervenire di più o di meno su certi gruppi piuttosto che su altri di segno opposto; eccetera eccetera. Di queste cose si può sempre discutere... Per qualunque disposizione papale della storia della Chiesa;
2) non è invece molto intelligente stare a discutere (senza alcuna base di supporto!) sulle affermazioni di principio riguardanti la dottrina cattolica, tentando sempre di mettere in contrapposizione Francesco e Benedetto... Perfino laddove dicono la stessa identica cosa e la pensano proprio uguale. Ma davvero uguale-uguale, eh!
(Peraltro sono cose stra-ripetute da entrambi in diverse occasioni e contesti. E se me ne sono accorta io, la domanda nasce spontanea: perché i cosiddetti esperti non se ne accorgono?).
Possibile seconda obiezione: tu magari potrai anche leggere, ma non essendo un'esperta abilitata in materia, non capirai niente di quello che in realtà significa.
Mia risposta: a questo potrei rispondere con tanti buoni argomenti... che gli "esperti intellettuali titolati" comunque non accetterebbero mai.
Perciò lascio parlare direttamente i due papi (quello regnante e quello emerito).
E poi.. Fate vobis 😁 😇
Questo post non nasce "per caso", in quanto da molti anni sto osservando la situazione e i tanti commenti (secondo me) sconclusionati sui due papi.
Ma è invece "per caso" che mi sono imbattuta in una recentissima affermazione di Francesco - un concetto che egli ripete da tempo sulla Liturgia... E che - siccome corrisponde esattamente allo stesso concetto che padre Benedetto è andato ripetendo da teologo, da vescovo, da cardinale, da Papa e da Papa emerito - ho deciso di farne un post. A beneficio di chi vuole beneficiarne. Perché l'argomento è molto importante.
L'argomento in sé, appunto.
Non tanto il presunto e inesistente conflitto tra i papi - che è solo un pretesto per non affrontare seriamente la questione (con sé stessi, con la propria fede, e col proprio "partito" ecclesiale ideologico-politico di riferimento).
Onestamente, non credo che siano necessari chissà quali studi per comprendere le seguenti affermazioni. E per rendersi conto che sia Francesco che Benedetto seguono da sempre questa linea, la insegnano e la praticano. Perché è la via della Chiesa Cattolica.
Non quella di questo o quel Papa. Non quella di questo o quel Vescovo. Di questo o di quel prete. Non quella di questo o di quel movimento laicale (o di sètta pseudocattolica iper-conservatorista con la propria autocefala liturgia mummificata; o di sètta pseudocattolica iper-progressista con la propria autocefala liturgia carnevalata. In realtà, tali conservatori non conservano niente e tali progressisti non progrediscono in niente, mentre entrambi i gruppi deviano verso l'idolatria del rito autoprodotto).
Proprio due giorni fa (il giorno 18 febbraio 2022), Papa Francesco, parlando ai partecipanti dell'Assemblea Plenaria della Congregazione delle Chiese Orientali [nota: si tratta delle Chiese Cattoliche di Rito Orientale] ha detto quanto segue:
"C’è un’esperienza in cui la “creta” della nostra umanità si lascia plasmare, non dalle opinioni mutevoli o dalle pur necessarie analisi sociologiche, ma dalla Parola e dallo Spirito del Risorto. Questa esperienza è la liturgia.
(...)
Questa esperienza – dicevo – è il cielo sulla terra, e questo si dà nella liturgia, come soprattutto l’Oriente ama ripetere.
Ma la bellezza dei riti orientali è ben lungi dal costituire un’oasi di evasione o di conservazione. L’assemblea liturgica si riconosce tale non perché si convoca da sé stessa, ma perché ascolta la voce di un Altro, restando rivolta a Lui, e proprio per questo sente l’urgenza di andare verso il fratello e la sorella portando l’annuncio di Cristo.
Anche quelle tradizioni che custodiscono l’uso dell’iconostasi, con la porta regale, oppure il velo che nasconde il santuario in alcuni momenti del rito, ci insegnano che tali elementi architettonici o rituali non trasmettono l’idea della distanza di Dio, ma al contrario esaltano il mistero di condiscendenza – di syncatabasi – nel quale il Verbo è venuto e viene nel mondo.
Il Convegno Liturgico per i 25 anni dell’Istruzione sull’applicazione delle prescrizioni liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali è un’opportunità per conoscersi all’interno delle commissioni liturgiche delle diverse Chiese sui iuris; è un invito a camminare insieme al Dicastero e ai suoi Consultori, secondo la via indicata dal Concilio Ecumenico Vaticano II. In tale cammino fa molto bene che ciascuna componente dell’unica e sinfonica Chiesa Cattolica si mantenga sempre in ascolto delle altre tradizioni, dei loro itinerari di ricerca e di riforma, custodendo però ciascuna la propria originalità.
La fedeltà alla propria originalità è ciò che fa la ricchezza sinfonica delle Chiese orientali.
Ci si può interrogare, per esempio, sulla possibile introduzione di edizioni della liturgia nelle lingue dei Paesi ove i propri fedeli si sono diffusi, ma sulla forma della celebrazione è necessario che si viva l’unità secondo quanto è stabilito dai Sinodi e approvato dalla Sede Apostolica, evitando particolarismi liturgici che, in realtà, manifestano divisioni di altro genere in seno alle rispettive Chiese.
Inoltre, non dimentichiamo che i fratelli delle Chiese Ortodosse e Ortodosse Orientali ci guardano: anche se non possiamo sederci alla stessa mensa eucaristica, tuttavia quasi sempre celebriamo e preghiamo i medesimi testi liturgici.
Stiamo attenti, pertanto, a sperimentazioni che possono nuocere al cammino verso l’unità visibile di tutti i discepoli di Cristo.
Il mondo ha bisogno della testimonianza della comunione: se diamo scandalo con le dispute liturgiche – e purtroppo recentemente ce ne sono state alcune –, facciamo il gioco di colui che è maestro della divisione."
Papa Francesco,
18 febbraio 2022
Fonte: Santa Sede
Qualche anno fa, nel 2003, il Cardinal Joseph Ratzinger (che nel 2005 sarebbe diventato Papa Benedetto XVI), durante una storica intervista rilasciata al giornale cattolico Die Tagespost, ribadiva ciò che sempre egli ha spiegato sulla Liturgia, sia prima che dopo quella speciale intervista dalla quale proviene il seguente estratto:
"In nessun caso bisognerebbe ricominciare a introdurre cambiamenti esteriori non ancora preparati interiormente.
Nella liturgia si sono creati dei problemi perché si sono cambiate troppo presto delle esteriorità senza prepararle ed elaborarle dall’interno.
Allora è sorta l’idea che la liturgia sia propriamente la manifestazione della comunità. Ciò è stato sottolineato fortemente: la comunità come il soggetto della liturgia.
Questo significava, pertanto, che la comunità decide da sé stessa come celebrare. Si sono quindi formati settori [di Chiesa] che hanno messo in pratica tutto ciò. Altri non vi hanno partecipato e questo non è piaciuto ai primi.
Nella liturgia si sono creati dei problemi perché si sono cambiate troppo presto delle esteriorità senza prepararle ed elaborarle dall’interno.
Allora è sorta l’idea che la liturgia sia propriamente la manifestazione della comunità. Ciò è stato sottolineato fortemente: la comunità come il soggetto della liturgia.
Questo significava, pertanto, che la comunità decide da sé stessa come celebrare. Si sono quindi formati settori [di Chiesa] che hanno messo in pratica tutto ciò. Altri non vi hanno partecipato e questo non è piaciuto ai primi.
Ci troveremo d’accordo sulla liturgia solo quando smetteremo di considerarla come elemento formato dalla comunità, e soprattutto quando smetteremo di pensare di dover “impegnare” noi stessi per "rappresentarci" nella liturgia. Dobbiamo di nuovo imparare a capire che essa ci introduce nel Corpo della Chiesa di tutti i tempi, nella quale il Signore ci offre se stesso. Una liturgia senza fede non esiste. Quando si cerca di renderla "interessante" – Dio sa con quali idee – ma non si presuppone in ciò la fede, e quando viene ristretta soltanto alla singola comunità e non viene vista, invece, come incontro col Signore nella grande comunità della Chiesa Universale, la liturgia cade in rovina. Pertanto non si capisce perché si debba andare avanti su questa strada [dei cambiamenti liturgici esteriori].
Sono necessarie delle correzioni interiori prima di porre mano a cose esteriori. Se ora si ricomincia a inventare nell’esteriore, non prevedo nulla di buono. Dobbiamo arrivare ad una nuova educazione liturgica, in cui si divenga consapevoli che la liturgia appartiene a tutta la Chiesa, che in essa la comunità si unisce con la Chiesa Universale, con Cielo e Terra, e che ciò inoltre rappresenta la garanzia che il Signore viene e che succede qualcosa che non può accadere in nessun altro "luogo": in nessun intrattenimento e in nessuno spettacolo.
Solo quando noi volgiamo di nuovo lo sguardo su queste cose più grandi può sorgere una vera unità interiore e ci si può anche interrogare sulle migliori forme dei riti esteriori. Prima, però, deve crescere una comprensione interiore della liturgia, che ci unisce gli uni con gli altri.
Nella liturgia non dobbiamo di volta in volta rappresentare le nostre invenzioni, non dobbiamo introdurre ciò che noi abbiamo inventato, bensì ciò che ci viene rivelato."
Sono necessarie delle correzioni interiori prima di porre mano a cose esteriori. Se ora si ricomincia a inventare nell’esteriore, non prevedo nulla di buono. Dobbiamo arrivare ad una nuova educazione liturgica, in cui si divenga consapevoli che la liturgia appartiene a tutta la Chiesa, che in essa la comunità si unisce con la Chiesa Universale, con Cielo e Terra, e che ciò inoltre rappresenta la garanzia che il Signore viene e che succede qualcosa che non può accadere in nessun altro "luogo": in nessun intrattenimento e in nessuno spettacolo.
Solo quando noi volgiamo di nuovo lo sguardo su queste cose più grandi può sorgere una vera unità interiore e ci si può anche interrogare sulle migliori forme dei riti esteriori. Prima, però, deve crescere una comprensione interiore della liturgia, che ci unisce gli uni con gli altri.
Nella liturgia non dobbiamo di volta in volta rappresentare le nostre invenzioni, non dobbiamo introdurre ciò che noi abbiamo inventato, bensì ciò che ci viene rivelato."
Card. Joseph Ratzinger,
3 ottobre 2003
Commenti