Lettera di Papa Francesco al Popolo di Dio

Nei mesi scorsi ho pubblicato diversi approfondimenti sullo scandalo degli abusi sessuali su minori avvenuti nella Chiesa Cattolica.
Per chi volesse un'informazione molto accurata e i migliori link per l'analisi del problema riporto qui il primo post che ho scritto CLICCA QUI
In quello trovate linkati tutti gli altri. Avviso: non si tratta di articoli brevi. Vanno letti con del tempo a disposizione. Ci sono molte informazioni e molti rimandi ad articoli di altri siti;
ho scritto quei post per chi vuole davvero analizzare a fondo tutti gli aspetti.

In queste settimane altre notizie su altri scandali si sono susseguite, anche se (almeno per noi cattolici) erano tutte notizie abbastanza "scontate" perché molte di queste informazioni circolavano da anni.
In particolare, per chi volesse seguire i diversi scandali con tutti i dettagli, consiglio di leggere Vatican Insider
(è sufficiente fare una ricerca con le parole chiave sugli abusi sessuali oppure immettere in google i nomi dei colpevoli e vi usciranno tutti gli articoli).

Oggi però volevo portare all'attenzione la lettera di ieri (20 agosto 2018) di Papa Francesco al Popolo di Dio.
Clicca qui per il testo originale

Alla fine di questa pagina la riporto integralmente.

Credo che sia molto importante leggerla per intero (è abbastanza breve e non si deve fare chissà quale sforzo).
La lettura dei messaggi papali originali è attualmente necessaria a causa dei troppi taglia-copia-incolla del giornalismo moderno tendente a fornire interpretazioni politiche preconfezionate, e non fedeli resoconti di ciò che il Papa intende comunicare.
La lettera è molto significativa, soprattutto perché non si limita a dire "ci sono gli scandali, è colpa di chi li ha permessi, quindi anche di alcune gerarchie cattoliche, scusate tutti!, che schifo-che schifo!, colpa nostra-colpa nostra!, e ciao a tutti, vi saluto!".
No, il discorso non è questo.

Papa Francesco, come già anche Papa Benedetto, indica le vie operative per reagire. Non solo a livello dei "vertici".

La lettera si rivolge al Popolo di Dio.
A tutto il popolo di Dio. Anzi, il Papa dice che senza l'apporto attivo di ogni singolo cattolico non si potrà uscirne.

Ci sono cambiamenti operativi da fare, ci sono cambiamenti di mentalità da attuare, ci sono riflessioni, preghiere e digiuni che il Papa sta chiedendo. Forse chi non è cattolico lo prende come una specie di metafora...
Ma nel cattolicesimo tutto questo non è una metafora. Più e più volte, in 2000 anni di storia, siamo stati colpiti da scandali durissimi... inenarrabili.
E ogni volta il Popolo di Dio è chiamato a reagire - e a rispondere attivamente alla fedeltà di Dio che mai ci abbandona.
Soprattutto perché - grazie a Dio - la grande maggioranza dei nostri consacrati, consacrate, la maggioranza dei nostri pastori e dei semplici laici è davvero santa.
(E sottolineo: santa.
Nota: i santi sono quelli che appena fanno un qualsiasi errore o peccato, si pentono amaramente, soffrono, chiedono perdono, rientrano in sè e fanno di tutto per riparare. I cristiani non progettano di abusare di qualcuno per un mese, per un anno o per dieci anni! I cristiani non confessano i peccati per farne di peggiori il giorno dopo.
Oh certo, "siamo tutti peccatori", chi più chi meno, ma come spiega spesso Papa Francesco: c'è un abisso tra l'essere peccatori e l'essere corrotti. "Corrotti" significa sostare di proposito e di continuo nel peccato senza pentirsi mai).

Sono consapevole che ad alcuni potrà sembrare banale, e che ad altri ancora potrà sembrare una facile retorica... Ma la verità è che gli scandali della Chiesa (soprattutto quelli di questo tipo) sono un'infiltrazione nel popolo cristiano di una corruzione enorme che da decenni sta invadendo il mondo.
Un'infiltrazione che mai sarebbe dovuta avvenire, mai avremmo dovuto permettere, ma a quanto pare... si sono impegnati molto e sono entrati nella Chiesa.

Questa non è certo una scusante per il clero corrotto. È piuttosto un invito a non abbassare la guardia.
La cruda verità è che se anche rinchiudessimo a vita i preti (atei) che hanno abusato di minori, e se rinchiudessimo a vita anche quei superiori (atei) che non hanno preso provvedimenti adeguati, e se anche "cancellassimo" la Chiesa Cattolica dal pianeta,...
La brutta notizia è che avremmo eliminato soltanto una percentuale microscopica degli abusi sessuali sui bambini.

Dopo la lettera del Papa metterò (nel mio prossimo post) anche il link con l'appello urgente di un sacerdote e la sua supplica di portare all'attenzione di tutti un nuovo abuso sui bambini che sta infettando il pianeta. Si tratta di azioni peggio che bestiali... Se non siete credenti, quando lo saprete, forse comincerete a credere che esiste il male... E magari arriverete ad intuire che sta agendo in opposizione ad una realtà che si chiama Bene, cioè a Dio stesso.
Certe azioni non si possono spiegare in altro modo.

Quanti anni ci vorranno perché questa piaga venga denunciata? Quanti bambini dovranno ancora subire e morire?
Perché le tivù tacciono? Quanti ancora dovranno essere abusati per la loro intera vita? Per quanto ancora chiuderemo gli occhi?
Ancora per quanto lasceremo le bestie a piede libero?

Ciò che mi colpisce di tutti questi fatti è che oggi spesso si denunciano preti già morti (per età), e magari anche le loro vittime sono già morte (per età), oppure hanno già ottenuto un giusto processo e giuste condanne ... E tutto ciò ok, è importante, bisogna farlo! È doveroso. È indispensabile soprattutto aiutare le ex-vittime e le loro famiglie, senza dubbio.

Ma noi dobbiamo assolutamente salvare i bambini che OGGI stanno subendo violenza sessuale! Oggi.
Oggi.
E, oggi, in questo preciso momento, nel 99,9% dei casi non si tratta di abusi da parte di preti.
[Nota statistica: nella Chiesa Cattolica dal 2002 in poi gli abusi sono calati drasticamente - segno che le misure anti-abuso sono efficaci].

Capire gli abusi del passato significa anche voler difendere i bambini OGGI. Altrimenti il nostro è solo interesse per il gossip.

Nei miei post di approfondimento (indicati sopra) sono elencate tutte le misure della tolleranza zero adottate nella Chiesa Cattolica già da molti anni.
E ulteriori azioni sono in preparazione.
Oggi, fin dall'inizio, un candidato al sacerdozio verrà passato ai raggi X - per verificare in modo minuzioso il perché vuole entrare in seminario e farsi prete.
[nota: in passato, purtroppo, chi veniva rifiutato da uno o più seminari poi faceva "il giro del mondo" finché riusciva ad entrare da qualche parte].

Ma per favore: per favore non fermatevi allo schifo dei preti corrotti (quelli fanno schifo a noi cattolici più di tutti).
Il problema è: fermare gli abusatori - che purtroppo nella maggioranza oggi non sono preti. Altrimenti basterebbe evitare quelli vestiti da prete. Sarebbe semplice...

Lo so che i miei toni possono sembrare cinici... Ma è così che bisogna essere in questi casi: freddi, cinici, pragmatici, e spietati contro chi tocca un bambino. Emozione zero.
È l'unico caso in cui Gesù nel Vangelo sembra non avere pietà... O almeno non ce l'ha se il colpevole non si pente e non passa la vita a riparare il danno...
Comunque sia, nel Vangelo, preso alla lettera, sembra l'unico caso in cui Gesù pare approvare la condanna estrema.

Luca, dal cap. 17
[Gesù, con i bambini accanto a Lui] "Disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!"

San Paolo Apostolo.
Dalla Prima Lettera ai Corinzi cap. 5
"Vi ho scritto nella lettera di non mescolarvi con chi vive nell'immoralità. Non mi riferivo però agli immorali di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolatri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Ma voi, togliete il malvagio di mezzo a voi!".

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Quindi qui non c'è retorica da opporre. Solo fatti. Da fare.




Testo della lettera papale con grassetto mio per facilitare la lettura sullo schermo. I link in azzurro sono invece originali della lettera, cioè inseriti da Papa Francesco.

LETTERA 
DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL POPOLO DI DIO


«Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» (1 Cor12,26). Queste parole di San Paolo risuonano con forza nel mio cuore constatando ancora una volta la sofferenza vissuta da molti minori a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate. Un crimine che genera profonde ferite di dolore e di impotenza, anzitutto nelle vittime, ma anche nei loro familiari e nell’intera comunità, siano credenti o non credenti. Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi. Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, perciò urge ribadire ancora una volta il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti in situazione di vulnerabilità.

1. Se un membro soffre
Negli ultimi giorni è stato pubblicato un rapporto in cui si descrive l’esperienza di almeno mille persone che sono state vittime di abusi sessuali, di potere e di coscienza per mano di sacerdoti, in un arco di circa settant’anni. Benché si possa dire che la maggior parte dei casi riguarda il passato, tuttavia, col passare del tempo abbiamo conosciuto il dolore di molte delle vittime e constatiamo che le ferite non spariscono mai e ci obbligano a condannare con forza queste atrocità, come pure a concentrare gli sforzi per sradicare questa cultura di morte; le ferite “non vanno mai prescritte”. Il dolore di queste vittime è un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere. Ma il suo grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità. Grido che il Signore ha ascoltato facendoci vedere, ancora una volta, da che parte vuole stare. Il cantico di Maria non si sbaglia e, come un sottofondo, continua a percorrere la storia perché il Signore si ricorda della promessa che ha fatto ai nostri padri: «Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,51-53), e proviamo vergogna quando ci accorgiamo che il nostro stile di vita ha smentito e smentisce ciò che recitiamo con la nostra voce.
Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli. Faccio mie le parole dell’allora Cardinale Ratzinger quando, nella Via Crucis scritta per il Venerdì Santo del 2005, si unì al grido di dolore di tante vittime e con forza disse: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! […] Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cfr Mt8,25)» (Nona Stazione).

2. Tutte le membra soffrono insieme
La dimensione e la grandezza degli avvenimenti esige di farsi carico di questo fatto in maniera globale e comunitaria. Benché sia importante e necessario in ogni cammino di conversione prendere conoscenza dell’accaduto, questo da sé non basta. Oggi siamo interpellati come Popolo di Dio a farci carico del dolore dei nostri fratelli feriti nella carne e nello spirito. Se in passato l’omissione ha potuto diventare una forma di risposta, oggi vogliamo che la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente, diventi il nostro modo di fare la storia presente e futura, in un ambito dove i conflitti, le tensioni e specialmente le vittime di ogni tipo di abuso possano trovare una mano tesa che le protegga e le riscatti dal loro dolore (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 228). Tale solidarietà ci chiede, a sua volta, di denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l’integrità di qualsiasi persona. Solidarietà che reclama la lotta contro ogni tipo di corruzione, specialmente quella spirituale, «perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità, poiché “anche Satana si maschera da angelo della luce” (2 Cor 11,14)» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 165). L’appello di San Paolo a soffrire con chi soffre è il miglior antidoto contro ogni volontà di continuare a riprodurre tra di noi le parole di Caino: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9).
Sono consapevole dello sforzo e del lavoro che si compie in diverse parti del mondo per garantire e realizzare le mediazioni necessarie, che diano sicurezza e proteggano l’integrità dei bambini e degli adulti in stato di vulnerabilità, come pure della diffusione della “tolleranza zero” e dei modi di rendere conto da parte di tutti coloro che compiono o coprono questi delitti. Abbiamo tardato ad applicare queste azioni e sanzioni così necessarie, ma sono fiducioso che esse aiuteranno a garantire una maggiore cultura della protezione nel presente e nel futuro.
Unitamente a questi sforzi, è necessario che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno. Tale trasformazione esige la conversione personale e comunitaria e ci porta a guardare nella stessa direzione dove guarda il Signore. Così amava dire San Giovanni Paolo II: «Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49). Imparare a guardare dove guarda il Signore, a stare dove il Signore vuole che stiamo, a convertire il cuore stando alla sua presenza. Per questo scopo saranno di aiuto la preghiera e la penitenza. Invito tutto il santo Popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore,[1] che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del “mai più” verso ogni tipo e forma di abuso.
E’ impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio. Di più: ogni volta che abbiamo cercato di soppiantare, mettere a tacere, ignorare, ridurre a piccole élites il Popolo di Dio abbiamo costruito comunità, programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita.[2] Ciò si manifesta con chiarezza in un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa – molto comune in numerose comunità nelle quali si sono verificati comportamenti di abuso sessuale, di potere e di coscienza – quale è il clericalismo, quell’atteggiamento che «non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente»[3]. Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo.
E’ sempre bene ricordare che il Signore, «nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 6). Pertanto, l’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio. Questa consapevolezza di sentirci parte di un popolo e di una storia comune ci consentirà di riconoscere i nostri peccati e gli errori del passato con un’apertura penitenziale capace di lasciarsi rinnovare da dentro. Tutto ciò che si fa per sradicare la cultura dell’abuso dalle nostre comunità senza una partecipazione attiva di tutti i membri della Chiesa non riuscirà a generare le dinamiche necessarie per una sana ed effettiva trasformazione. La dimensione penitenziale di digiuno e preghiera ci aiuterà come Popolo di Dio a metterci davanti al Signore e ai nostri fratelli feriti, come peccatori che implorano il perdono e la grazia della vergogna e della conversione, e così a elaborare azioni che producano dinamismi in sintonia col Vangelo. Perché «ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 11).
E’ imprescindibile che come Chiesa possiamo riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui. La coscienza del peccato ci aiuta a riconoscere gli errori, i delitti e le ferite procurate nel passato e ci permette di aprirci e impegnarci maggiormente nel presente in un cammino di rinnovata conversione.
Al tempo stesso, la penitenza e la preghiera ci aiuteranno a sensibilizzare i nostri occhi e il nostro cuore dinanzi alla sofferenza degli altri e a vincere la bramosia di dominio e di possesso che tante volte diventa radice di questi mali. Che il digiuno e la preghiera aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili. Digiuno che ci procuri fame e sete di giustizia e ci spinga a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie. Un digiuno che ci scuota e ci porti a impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza.
In tal modo potremo manifestare la vocazione a cui siamo stati chiamati di essere «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 1).
«Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme», ci diceva San Paolo. Mediante l’atteggiamento orante e penitenziale potremo entrare in sintonia personale e comunitaria con questa esortazione, perché crescano tra di noi i doni della compassione, della giustizia, della prevenzione e della riparazione. Maria ha saputo stare ai piedi della croce del suo Figlio. Non l’ha fatto in un modo qualunque, ma è stata saldamente in piedi e accanto ad essa. Con questa posizione esprime il suo modo di stare nella vita. Quando sperimentiamo la desolazione che ci procurano queste piaghe ecclesiali, con Maria ci farà bene “insistere di più nella preghiera” (cfr S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 319), cercando di crescere nell’amore e nella fedeltà alla Chiesa. Lei, la prima discepola, insegna a tutti noi discepoli come dobbiamo comportarci di fronte alla sofferenza dell’innocente, senza evasioni e pusillanimità. Guardare a Maria vuol dire imparare a scoprire dove e come deve stare il discepolo di Cristo.
Lo Spirito Santo ci dia la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti a questi crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio.
Vaticano, 20 agosto 2018

Francesco



[1] «Questa specie di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno» ( Mt 17,21).

[2] Cfr Lettera al Popolo di Dio pellegrino in Cile, 31 maggio 2018.




Aggiornamento del 26 agosto.
Intervista di Andrea Tornielli a Mons. Scicluna, l'arcivescovo che da 20 anni si occupa delle misure anti-abusi nella Chiesa:


Per tutti gli aggiornamenti direttamente dalla Santa Sede:

Abuso sui minori. La risposta della Chiesa. Pagina dedicata a tutti i provvedimenti e documenti ufficiali

Pontificia Commissione Tutela dei Minori


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