I primi due giorni di novembre: lo stretto legame tra Ognissanti e commemorazione Defunti

Il punto è:
non è affatto un caso che le due giornate - ad un certo punto della storia della Chiesa - siano state affiancate l'una all'altra.

Qui di seguito propongo l'estratto di un testo (un testo autorevole, considerato l'autore - e mi scuso per il gioco di parole)  
nel quale è spiegato molto bene lo sviluppo logico, storico e teologico di tutta la faccenda.

Nota. Le parti in neretto sono scelte da me per evidenziare alcuni passaggi.




"Qui si fa evidente un sentimento antico dell'umanità, che ha trovato molteplici espressioni nei culti degli antenati e dei morti lungo tutta la storia dell'umanità. 
La fede cristiana non ha affatto negato valore a tutto ciò, ma ha cercato di purificare questo sentimento e di farlo emergere nel suo senso più autentico.
«Se viviamo, viviamo per il Signore; se moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, noi siamo del Signore», dice Paolo (Rm 14,8).
Questo significa: il vero limite non è più la morte, ma l'appartenere o il non appartenere al Signore.
Se Gli apparteniamo, allora siamo vicini gli uni agli altri per mezzo di Lui e in Lui."

"Per questo - era la conseguenza logica - c'è un amore che va al di là dei limiti della morte.
Così, a chi chiedeva se qualcosa della forza donata dal perdono potesse essere comunicato anche all'aldilà, veniva risposto di sì, con la formula per modum suffragii - per mezzo della preghiera.
La preghiera per i defunti, da sempre appartenente alla Chiesa, guadagnava così una particolare intensità.
(...)
Nel corso del tempo, tuttavia, a tutto questo si aggiunse un'altra idea, che oggi può apparirci alquanto estranea, ma che, peraltro, contiene un'importante verità. 
Quanto più l'indulgenza veniva intesa come un porsi a sostegno degli altri, tanto più si faceva strada un altro concetto, che dava un fondamento teologico a questa nuova forma e, nel contempo, la avviava verso sviluppi ulteriori.
La preghiera indirizzata all'altro mondo implicava necessariamente l'idea della comunione dei santi e della comunicazione dei beni spirituali."


"A questo punto vi chiederete ancora una volta: ma che cosa significa tutto questo? non si tratta forse di un insensato mercantilismo religioso?
La domanda si fa più acuta se si tiene conto che si parlava proprio di tesoro della Chiesa, che consisteva nei meriti accumulati dai santi.
Che cosa si intendeva dire? Non è forse vero che ognuno deve rispondere personalmente di se stesso? Che significato possono avere per me le buone opere compiute da un altro?
Sono queste le domande che ci poniamo, perché, malgrado tutti gli ideali socialisti, continuiamo a vivere del meschino e ristretto individualismo dell'epoca moderna. In realtà, però, nessun uomo è chiuso in se stesso. Ciascuno di noi vive in rapporto con gli altri e dipende dagli altri, non solo dal punto di vista materiale, ma anche da quello spirituale, culturale e morale."

"Cerchiamo di esemplificare questo concetto cominciando dal suo versante negativo. Vi sono persone che non distruggono solo se stesse, ma portano alla rovina anche gli altri, lasciando dietro di sé forze di distruzione che spingono verso il negativo intere generazioni. Se pensiamo ai grandi seduttori del nostro secolo [nota: l'autore scrive alla fine del Novecento, nel 1999], sappiamo quanto ciò sia reale. La negazione di uno diventa una malattia contagiosa, che coinvolge anche gli altri."

"Ma, grazie a Dio, ciò non vale solo per il negativo. Vi sono persone che lasciano dietro di sé una sorta di sovrappiù d'amore, di dolore sofferto e vissuto fino in fondo, di letizia, sincerità e verità, che prende anche gli altri, li accompagna e li sostiene. 
Esiste davvero qualcosa come la sostituzione vicaria nel più profondo dell'esistenza.
Tutto il mistero di Cristo poggia proprio su questo."


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"Ora si può dire: bene, è così. Ma allora basta il sovrappiù dell'amore di Cristo, non c'è bisogno d'altro. Lui solo libera e redime, tutto il resto sarebbe presunzione, come se noi dovessimo aggiungere qualcosa all'infinità del suo amore con la nostra finitudine.
È vero, ma non è vero del tutto.
Infatti la grandezza dell'amore di Cristo è tale che non ci lascia nella condizione di chi riceve passivamente, ma ci coinvolge fino in fondo nella sua opera e nella sua passione. Lo afferma un celebre passo della lettera ai Colossesi: «Compio nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo, per il suo corpo» (Col 1,24)."

"Ma vorrei far riferimento anche a un altro passo neotestamentario, in cui mi pare che questa verità sia espressa in modo meraviglioso. L'Apocalisse di san Giovanni parla della sposa, la Chiesa, in cui è raffigurata l'umanità salvata. Mentre la meretrice Babilonia appare vestita di abiti e ornamenti lussuosi e appariscenti, la sposa indossa solo una semplice veste di lino bianco, sia pure di quel bisso puro e splendente che è particolarmente prezioso.
In proposito il testo osserva: «Questa veste di lino sono le opere giuste dei santi» (Ap 19,8). Nella vita dei santi viene tessuto questo radioso bisso bianco, che è l'abito dell'eternità."

"Usciamo dalla metafora: nell'ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c'è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. 
Tutto viene da Cristo, ma poiché noi Gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa Suo ed è investito di forza salvifica. È questo ciò che si intende con le espressioni «tesoro della Chiesa» o «meriti» dei santi."

"Chiedere l'indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione.
(...)
E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall'ansia e dall'egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.
(...) un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso.
Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?"

"L'indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il Suo volere.
Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell'abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza."

"L’indulgenza in fondo è un po' come la chiesa della Porziuncola 
[nota mia: la Porziuncola è la chiesetta minuscola ad Assisi, all'interno della grande Basilica di Santa Maria degli Angeli]:
come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l'umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice:
alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull'apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto è grazia."

Testo tratto dal libro del Card. Joseph Ratzinger, "Immagini di speranza", San Paolo, 1999, pp. 71-79


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Per leggere un estratto più ampio e più contestualizzato nella Storia della Chiesa - che si collega a San Francesco - vedi link
http://www.gliscritti.it/blog/entry/5014

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Grazie al 
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