💚 "lo scrigno nel quale si concentra tutto l'amore di Dio" 💚

Sono stata molto indecisa sul come organizzare questo post... 
Era meglio fornire prima il contesto di un certo discorso? 
Dovevo prima presentare l'autore, specificando anche quando ha pronunciato quelle parole? 
O forse era preferibile copiaincollare direttamente il discorso (col rischio di alcuni momentanei fraintendimenti, di dubbi sul significato di certe frasi che si comprenderanno bene solo quando si conoscerà qualche altra informazione al riguardo)? 

Alla fine ho concluso che la strada migliore per tutti è entrare subito nella lettura del testo, affrontandolo così com'è. 

Ci sarà chi - per esperienza propria o per stretto contatto con esperienze altrui - coglierà subito ogni sfumatura di ciò che sta dicendo l'autore. 
E ci sarà, invece, chi avrà bisogno di rileggere un paio di volte - e avvertirà la necessità di sapere qualcosa in più sulla "cornice" del quadro che - (per mancanza di esperienza o di letture sul tema) - non risulterà immediatamente comprensibile al primo sguardo. Verrà comunque tutto chiarito: poche righe più sotto darò tutti i riferimenti che servono.

[Nota: in questo post scelgo di ignorare di proposito la posizione di un eventuale terzo gruppo di lettori e di non chiarire proprio niente in risposta alle loro ipotetiche obiezioni - anche perché sono sicura che essi non sono interessati al mio blog e che dai motori di ricerca non sceglieranno certo di cliccare qui. 
Mi riferisco a coloro che considerano la dottrina cattolica e/o la prassi di vita cristiana come una sorta di masochismo, oppure una specie di illusorio "abbellimento di brutture", o quantomeno un "fare buon viso a cattiva sorte", soprattutto quando si tratta dei temi della sofferenza e del dolore. 
Ecco, ammetto un mio umano limite che mi affligge in questo periodo: non ho più molta pazienza per spiegare il punto in questione a chi non l'ha capito, cioè a chi non prova nemmeno a capirlo. Eppure so che - specialmente nei tempi attuali - ci sarebbe bisogno di spiegare parecchio sull'argomento sofferenza e dolore umano affrontati in chiave cristiana... Ché non sono affatto ininfluenti pure nell'economia del vivere civile, umano. Magari un domani mi tornerà 'sta benedetta pazienza. O magari mi convincerò sempre di più che abbondiamo già di grandi e preziosi testimoni - per chi vuole vederli e ascoltarli. Senza bisogno di abbondare oltre con parole "giustificatorie" di fatti che splendono più del sole].

Comunque sia... 
Le seguenti parole provengono dall'esperienza vissuta, umana e pastorale, propria e altrui, sofferta e offerta, di un Servo di Dio.


Buona lettura.


lo scrigno nel quale si concentra 
tutto l'amore di Dio




"Il Calvario è lo scrigno nel quale si concentra tutto l'amore di Dio. 
Quando io sento dire che la croce, manifestazione suprema dell'amore di Dio, è una crudeltà che ha inventato il Signore...
quando sento dire che non deve il Signore far soffrire coloro che per amore ha creato... 
quando sento dire qualche volta che il Signore è duro con noi... 
io mi sento male, perché non è così.
La croce è la manifestazione, è l'epifania più alta dell'amore di Dio per noi. 
Ha mandato Suo Figlio sulla croce perché ci togliesse tutti i nostri peccati, ci redimesse, ci rendesse puri.

Anche noi, sulla nostra croce rendiamo più pura l'umanità e più buono il mondo.
Anche il letto del nostro dolore dovrebbe essere fontana di carità. Ognuno dovrebbe dire: 
«Signore, io non soltanto mi affido a Te e sono felice di partecipare a questa operazione della carità in cooperativa con Te, ma Ti ringrazio di questo privilegio. Perché tra gli operai scelti, Tu hai preso proprio me. Mi hai chiamato per nome perché io collabori con la Tua opera di salvezza. Grazie perché il mio letto di dolore è fontana di carità, è sorgente di amore. Di amore per Te, ma anche di amore per tutti i fratelli».

Ecco perché noi dovremmo prendere coscienza dei valori di cui siamo portatori.
La mulattiera del Calvario, cioè la strada che porta da Gerusalemme al Calvario è lunga, però finiremo di percorrerla.
Non durerà per sempre. 
E sperimenteremo, come Cristo, l'agonia del patibolo, ma «per tre ore», non per molto.

Coraggio! La nostra esistenza non è inutile. Il nostro dolore alimenta l'economia sommersa della grazia. 
Sì, ci sarà da qualche parte un immenso deposito della grazia. 
La nostra sofferenza alimenta, rigonfia l'otre della grazia perché poi si riversi sul mondo in un empito di carità.
E capiremo che il nostro martirio non è stato un assurdo, una crudeltà di Dio, una sua ingerenza nella nostra storia disturbata dal dolore.
Invece il nostro martirio, la nostra sofferenza ha alimentato il fiume della redenzione raggiungendo i più remoti angoli della terra. 
Il nostro dolore è come un rigagnolo che va ad ingrossare il fiume del sangue di Cristo.

Il Calvario non è soltanto la fontana della Carità, ma anche la sorgente della Speranza.
Quando pronuncio la parola «fontana» l'immagine che mi viene sapete qual'è?
Nel basso Salento ogni tre o quattro paesini, lungo la strada provinciale, si notano delle costruzioni, dei torrioni che si trovano sulla parte più alta del paese: raccolgono le acque che vengono dal Sinni che poi si diramano, attraverso canalizzazioni appropriate, verso tutta la città.
Quando io penso al Calvario come fontana della speranza penso proprio a questi acquedotti, a queste torri da cui si diparte l'ondata, il flusso della gioia, della luce, della speranza.
Che cosa è la Speranza? 
Speranza significa forza di rinnovare il mondo.
Forza di cambiare le cose. Nonostante tutto. 
Nonostante la malattia, nonostante la sofferenza, nonostante il pianto di chi, come Corrado che è stato inutilmente operato al cervello 
o di Angela, di Giovinazzo, che alcuni anni fa ha avuto la prima Comunione da me in casa sua il giorno di Pasqua perché con le altre compagne in chiesa non ci sarebbe andata mai più. 
Nonostante le sofferenze di Nicola e di Annalisa che, dopo tre anni di matrimonio, dopo aver messo al mondo una creatura poi se ne sono andati ognuno per la sua strada perché non hanno più nulla da dirsi.

Quante sofferenze ci sono! 
Però è proprio dal Calvario che si diparte la speranza.
Il mondo può cambiare. E noi che siamo ammalati o che pure siamo vittime di tante sofferenze morali, noi possiamo contribuire a cambiare il mondo.
Con grande fiducia, appoggiando il nostro capo sul capo di Gesù che rantola sulla croce.

Io vorrei tanto che ognuno di noi sentisse questa vicinanza con Gesù Cristo, questa passione, 
questo rantolo del suo respiro nelle sue orecchie.
Il mondo cambia, il mondo cambierà, il mondo sta cambiando. 
È incredibile quello che sto dicendo, però, vedete, le ragioni del nostro pianto non hanno più motivo per esistere. La risurrezione di Gesù ha disseccato tutte le sorgenti del pianto. 
E tutte le lacrime che si trovano in circolazione nel mondo sono come gli ultimi scoli delle tubature dopo che hanno chiuso l'acquedotto.Le lacrime che gorgogliano ancora negli occhi degli uomini sono come quest'ultimo rimasuglio delle tubature.

Riconciliamoci con la speranza. Arriva la Pasqua: 
frantumi il nostro peccato, frantumi le nostre disperazioni. 
Ci faccia vedere le tristezze, le malattie, la nostra confusione, il nostro fallimento, il nostro smacco, il nostro buco (perché potrebbe sembrare che abbiamo bucato nella vita)... ci faccia vedere perfino la morte dal versante giusto, dal versante della risurrezione, che è il versante della speranza.

Il Calvario non è soltanto la fontana della Carità. Non è solo l'acquedotto della Speranza, ma è anche la sorgente della Fede.
Per quale motivo?
Fede significa abbandono:
«Padre mio mi abbandono a te».
Sul Golgota Gesù ha compiuto l'atto supremo di fede nei confronti del Padre.
Sul Golgota risplende la fede di Maria che, quando Gesù emette l'ultimo sospiro, rimane l'unica a illuminare la terra per tutto il venerdì e il sabato santo.
Bene, è il luogo della fede, il Calvario.

Ma anche per noi il nostro piccolo calvario, quello che si racchiude nel perimetro di quattro pareti, deve essere il luogo della fede, della fiducia, del nostro abbandono in Dio.

C'è una preghiera molto bella di Charles de Foucault, che traduce questo abbandono.
Io avevo paura quando, stando in buona salute, ogni sera la ripetevo. Adesso che sto ammalato la dico con
gioia.

«Padre mio, io mi abbandono a Te. 
Fa' di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa Tu faccia io Ti ringrazio! 
Sono pronto a tutto, purché la Tua volontà sia fatta in me e in tutte le tue creature. 
lo non desidero altro, mio Dio! 
Rimetto la mia anima nelle Tue mani, Te la dono, mio Dio, con tutto l'amore del mio cuore, perché Ti amo. Ed è per me una necessità di amore donarmi e rimettermi nelle Tue mani, senza misura, con infinita fiducia, perché Tu mi sei Padre».

È una preghiera che sa di gioia, di luce, di pace, di conforto non soltanto per noi, ma anche per coloro che stanno bene e non hanno problemi. 

Non rassegniamoci. Consegniamoci, se mai. Il Venerdì Santo è il giorno della consegna: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito».

Ed è anche il giorno in cui vogliamo fare un accaparramento grande di fede in modo da distribuirla a tutti coloro che ne hanno bisogno. 
E quando la gente viene da noi e ci dice, come le vergini stolte: «non abbiamo più olio», noi possiamo rispondere: «non vi preoccupate, venite nel nostro frantoio, ne abbiamo a quantità per voi e per tutti»."

Don Tonino Bello 
Vescovo

🌄  Informazioni utili su ciò che hai appena letto  🌄

Da dove viene il discorso qua sopra del vescovo don Tonino Bello?

Durante la Quaresima 1993, nei giorni di venerdì, Mons. Bello attraverso un'emittente locale (Radio Christus) dal suo letto di malato e di sofferente, ma forte nella fede fino al punto di poter scorgere sempre la gioia più grande che stava oltre il suo dolore e infondendo speranza in chi lo ascoltava,
condivideva la preghiera e le sue riflessioni con gli altri ammalati.

Nota. Dopo il normale iter canonico il Servo di Dio è stato dichiarato Venerabile nel novembre 2021 da Papa Francesco che ha confermato le conclusioni della Congregazione per le Cause dei Santi .


Il testo qua sopra 
[fonte: https://atma-o-jibon.org/italiano6/tonino_bello_lettere4.htm ]
è la trascrizione, rivista poi dallo stesso don Tonino, della meditazione quaresimale trasmessa via radio il 19 marzo 1993 e pubblicata sul settimanale diocesano «Luce e Vita» il 4 aprile 1993. (diocesi Molfetta - Ruvo - Giovinazzo - Terlizzi).

Don Tonino, nato ad Alessano nel 1935, morì a Molfetta il 20 aprile 1993 a causa di un tumore allo stomaco, contro il quale lottò con coraggio. Aveva 58 anni.

Tra le altre cose e incarichi, è stato Vescovo di Molfetta - Ruvo - Giovinazzo -Terlizzi dal 1982/1986 al 1993. Continuando a farsi chiamare don Tonino.
(Nota. L'anno 1986 si riferisce all'aggiunta di Ruvo nella diocesi)

Per lui la Chiesa doveva essere sempre "in grembiule" (espressione da lui coniata), intendendo il grembiule da lavoro, quello delle massaie, al servizio degli ultimi e degli emarginati.
Durante la malattia, durata circa due anni con atroci sofferenze, egli ha dato forza, conforto e coraggio anche agli altri ammalati della diocesi.


Nota: l'ultimo incontro del vescovo con la comunità diocesana fu il Giovedì Santo (8 aprile 1993) alla Messa Crismale - della quale abbiamo l'omelia
[testo omelia: https://atma-o-jibon.org/italiano6/tonino_bello_lettere4.htm#TORCHIO%20E%20SPIRITO ]
, da lui dettata e poi consegnata e letta da un incaricato, in sua presenza, mentre era obbligato dalla malattia a rimanere "inchiodato" su una sedia.
Particolarmente significativo anche il gesto di don Tonino che dopo quella stessa Messa Crismale, nonostante la difficile condizione fisica, si fa portare al centro del presbiterio per incontrarsi un'ultima volta col suo popolo, per guardare ciascuno negli occhi e per esprimere con la sua voce il suo immutato affetto.

Riporto qui una parte di ciò che ha detto in quel momento:

(...)

"lo ho voluto prendere la parola per dirvi che non bisogna avere le lacrime, perché la Pasqua è la Pasqua della speranza, della luce, della gioia e dobbiamo sentirle. lo le sento veramente, perché è così, perché il Signore è risorto, perché Egli è al di sopra di tutte le nostre malattie, le nostre sofferenze, le nostre povertà. È al di sopra della morte. Quindi, ditelo!
Ecco, aggiungo un altro compito a casa. Ognuno di voi ha qualcuno, qualche parente che non sta bene, qualche malato a cui dire: «Lo sai che c'è Gesù vicino a te?».
Certo chi sta a letto la luce del sole, domani, la vedrà attraverso le finestre. lo oggi ho ringraziato il Signore e ho detto: «Da quanto tempo non vedo il sole!». 
Comunque, anche se non vedrete la luce del sole direttamente, la vedrete attraverso le finestre; e gli alberi accarezzeranno le vostre porte e sentirete il canto degli uccelli da fuori. Non importa. Ci sarà il tripudio pasquale, la gioia pasquale che penetra come la luce attraverso le fessure della porta a raggiungere tutti. E raggiunga soprattutto voi che godete di buona salute, che potete aiutare gli altri, che date una mano a coloro che soffrono.
(...)
Vorrei dirvi tante cose, soprattutto vorrei augurarvi la pace della sera, quella pace che si sentiva un tempo quando ci si ritirava presso il focolare. La pace della sera, quella che possiamo sentire anche adesso se noi recidessimo un po' dei nostri impegni così vorticosi, delle nostre corse così affannate.
(...)
Coraggio! Vogliate bene a Gesù Cristo, amatelo con tutto il cuore, prendete il Vangelo tra le mani, cercate di tradurre in pratica quello che Gesù vi dice con semplicità di spirito.
Poi, amate i poveri. Amate i poveri perché è da loro che viene la salvezza, ma amate anche la povertà. Non arricchitevi. È sempre perdente chi vince sul gioco della Borsa.

Vi abbraccio tutti ad uno ad uno. In modo particolare, dal momento che avete fatto questo sacrificio stamattina, saluto voi della mia comunità parrocchiale (di Alessano, n.d.r.), a partire da don Gigi il parroco, e voi di tante comunità vicine.
Grazie per questa vicinanza che mi fa sentire il vostro calore, il vostro affetto. lo, da parte mia, non posso fare altro che ripagarvi con la mia preghiera, con il mio sacrificio.
(...)
Vorrei dire a tutti, ad uno ad uno, guardandolo negli occhi: «Ti voglio bene», così come, non potendo adesso stringere la mano a ciascuno, però venendo vicino a voi così personalmente, vorrei dire «Ti voglio bene»."

Il testo completo si trova al link
https://atma-o-jibon.org/italiano6/tonino_bello_lettere4.htm#NON%20CONTRISTATEVI
Il sito internet, a sua volta, ha attinto i testi dal già citato settimanale diocesano "Luce e Vita". 
(Curiosità: fondato nel 1924, festeggerà i 100 anni di pubblicazioni nel 2024).



Ti potrebbe interessare anche...
il mio primo post con un altro testo integrale di don Tonino. 
La figura di quest'uomo di Chiesa, Servo di Dio, morto prematuramente, è davvero ricca. (Su alcune cose, all'epoca, risultò pure un po' "controversa". Anzi, ancora oggi si potrà concordare o meno su determinati temi in cui è intervenuto, oppure - più probabile - sui quali è stato oggetto di strumentalizzazione politica. 
Ma non c'è alcun dubbio sulla limpidezza, sull'onestà, sull'amore per Cristo e per la Chiesa, sull'adesione al Vangelo in parole e opere concrete quotidiane, sulla grande umanità, evidente a tutti, di questo discepolo di Cristo. In altre parole: non ci sono dubbi sul cammino di santità percorso da don Tonino Bello).

Le sue attività sono state molto varie e vaste, in più settori. Il suo essere impegnato in diverse cause ha lasciato segni concreti nella Chiesa, visibili e tangibili ancora oggi.
Il piccolo percorso che propongo nel mio blog si concentra "solo" sul tema del dolore e della sofferenza negli insegnamenti del vescovo che "traducono" molto bene in immagini, in esempio di vita e in testimonianza data in prima persona ciò che insegna la Chiesa.


Da sapere: 
Il 2023 [per la precisione: dall'8 dicembre 2022 all'8 dicembre 2023] è l'anno dedicato a don Tonino Bello, nel trentennale della morte (1993 - 2023). Info al link
https://www.famigliacristiana.it/articolo/alla-riscoperta-dei-volti-un-anno-in-ascolto-di-don-tonino-bello.aspx


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