29 gennaio: santo Afraate, detto "Il Saggio", una delle colonne portanti semitiche della nostra Chiesa. Eppure... Chi lo conosce oggi? Chi è ancora interessato a conoscere le radici viventi del cristianesimo? Io! 😇 (e per fortuna anche un altro molto più sapiente di me! 😁)
https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20071121.html
Afraate, il «Saggio»
Cari fratelli e sorelle,
nella nostra escursione nel mondo dei Padri della Chiesa, vorrei oggi guidarvi in una parte poco conosciuta di questo universo della fede, cioè nei territori in cui sono fiorite le Chiese di lingua semitica, non ancora influenzate dal pensiero greco.
Queste Chiese, lungo il IV secolo, si sviluppano nel vicino Oriente, dalla Terra Santa al Libano e alla Mesopotamia. In quel secolo, che è un periodo di formazione a livello ecclesiale e letterario, tali comunità conoscono l’affermarsi del fenomeno ascetico-monastico con caratteristiche autoctone, che non subiscono l’influsso del monachesimo egiziano.
Le comunità siriache del IV secolo rappresentano quindi il mondo semitico da cui è uscita la Bibbia stessa, e sono espressione di un cristianesimo, la cui formulazione teologica non è ancora entrata in contatto con correnti culturali diverse, ma vive in forme proprie di pensiero. Sono Chiese in cui l’ascetismo sotto varie forme eremitiche (eremiti nel deserto, nelle caverne, reclusi, stiliti), e il monachesimo sotto forme di vita comunitaria, esercitano un ruolo di vitale importanza nello sviluppo del pensiero teologico e spirituale.
Vorrei presentare questo mondo attraverso la grande figura di Afraate, conosciuto anche col soprannome di «Saggio», uno dei personaggi più importanti e allo stesso tempo più enigmatici del cristianesimo siriaco del IV secolo.
Originario della regione di Ninive-Mossul, oggi in Iraq, visse nella prima metà del IV secolo. Abbiamo poche notizie sulla sua vita; intrattenne comunque rapporti stretti con gli ambienti ascetico-monastici della Chiesa siriaca, di cui ci ha conservato notizie nella sua opera e a cui dedica parte della sua riflessione. Secondo alcune fonti fu anzi a capo di un monastero, e infine fu anche consacrato Vescovo. Scrisse 23 discorsi conosciuti con il nome di Esposizioni o Dimostrazioni, in cui tratta diversi temi di vita cristiana, come la fede, l’amore, il digiuno, l’umiltà, la preghiera, la stessa vita ascetica e anche il rapporto tra giudaismo e cristianesimo, tra Antico e Nuovo Testamento. Scrive in uno stile semplice, con delle frasi brevi e con parallelismi a volte contrastanti; riesce tuttavia a tessere un discorso coerente con uno sviluppo ben articolato dei vari argomenti che affronta.
Afraate era originario di una comunità ecclesiale che si trovava alla frontiera tra il giudaismo ed il cristianesimo. Era una comunità molto legata alla Chiesa-madre di Gerusalemme, e i suoi Vescovi venivano scelti tradizionalmente fra i cosiddetti «familiari» di Giacomo, il «fratello del Signore» (cfr Mc 6,3): erano cioè persone collegate per sangue e per fede alla Chiesa gerosolimitana.
La lingua di Afraate è quella siriaca, una lingua quindi semitica come l’ebraico dell’Antico Testamento e come l’aramaico parlato dallo stesso Gesù.
La comunità ecclesiale, in cui si trovò a vivere Afraate, era una comunità che cercava di restare fedele alla tradizione giudeo-cristiana, di cui si sentiva figlia. Essa manteneva perciò uno stretto rapporto con il mondo ebraico e con i suoi Libri sacri.
Significativamente Afraate si definisce «discepolo della Sacra Scrittura» dell’Antico e del Nuovo Testamento (Esposizione 22,26), che considera sua unica fonte di ispirazione, ricorrendovi in modo così abbondante, da farne il centro della sua riflessione.
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