Qualche giorno fa, durante un telegiornale Rai, un inviato di guerra in Ucraina ha mostrato un suo servizio, registrato in giornata, con le interviste ai civili, ai pochi civili che si potevano trovare ancora per strada, all'aperto, girando a piedi, in una delle tante città bombardate.
Ce n'erano rimasti pochi di ancora residenti lì - come spiegava il giornalista. E quelli rimasti, oramai, non avevano più la possibilità di procurarsi il necessario per vivere. Per la precisione, entro pochi giorni, la definizione giusta sarebbe stata: il necessario per sopravvivere.
Quelle persone si erano rintanate da qualche parte, nelle loro stesse abitazioni malridotte o insieme ad altri in qualche buco di fortuna.
Questo accadeva circa dieci giorni fa e faceva ancora abbastanza freddo in quella zona dell'Ucraina.
Un uomo di mezza età, non molto anziano ma distrutto in viso e nel portamento, viene puntato dalla telecamera e viene avvicinato dagli operatori Rai allo scopo di poterlo intervistare, per avere un commento "dalla viva voce" sulla situazione...
E allora lui risponde, con tono risentito:
"Cosa ci fate qui? Siete venuti a vedere come moriamo?"
[traduzione del giornalista in italiano dalla lingua ucraina]
Non dice altro e se ne va via...
Mentre altra gente, anch'essa visibilmente provata dalle pessime condizioni di vita, risponde al giornalista più gentilmente e "civilmente"... E io mi chiedo come facciano ad essere così pazienti, mi chiedo come facciano a non dare l'unica risposta che si può dare in quella situazione:
"Cosa ci fate qui? Siete venuti a vedere come moriamo?"
Gli ucraini disposti a parlare con gli intervistatori stranieri spiegano con calma che essi, insieme ad altri abitanti del posto, non hanno avuto la possibilità (fisica, logistica, o per altri motivi contingenti) di fuggire, di spostarsi da qualche altra parte... E adesso si trovano in quel paese distrutto, senza più acqua, cibo, luce, riscaldamento, senza farmaci...
(Un appunto sui farmaci: se qualche lettore o lettrice ha un'idea di cosa significhi non poter avere farmaci per chi li deve assumere ogni giorno... E se qualcuno ha un'idea di quanti farmaci devono essere assunti a stomaco pieno per non provocare seri effetti collaterali... Beh, basterebbe immedesimarsi in questa situazione per comprendere un miliardesimo di ciò che stanno vivendo migliaia di persone in Ucraina in questo momento).
Ritorniamo alla cittadina bombardata (dagli aerei) nella quale si aggirava l'inviato Rai...
Quelle persone si trovano lì - lo confermava lo stesso giornalista che aveva constatato le condizioni in cui vivono - con altri anziani, poveri, ammalati cronici o, in generale, persone deboli che nessuno va a prendere e a portare in luoghi sicuri e "salvavita"...
Perché, fino qualche giorno fa (e ancora oggi 6 aprile 2022 nelle numerose aree di cui non sappiamo ancora niente di preciso), lì e nelle zone limitrofe, si era ancora nella confusione e nel disastro più totale... E non sempre i soccorsi - in tali frangenti - sono in grado di arrivare dappertutto, da tutti, e nel momento giusto per salvare la vita. Anzi, il fatto sicuro è che le organizzazioni di soccorso umanitario non sono nemmeno informate di tutte le necessità di intervento che si presentano all'improvviso, in territori vasti...
In certe situazioni, non è umanamente possibile avere informazioni su tutte le persone che si trovano chiuse nelle case, negli appartamenti, in ripari di fortuna, e che non sanno da che parte andare, a chi rivolgersi, a chi chiedere aiuto.
Molti muoiono "semplicemente" di sete, di fame o di malattia, negli scantinati nei quali si erano rifugiati. Perché, soprattutto nelle città invase via terra ed occupate, molte volte non c'è scelta: se esci di casa ti uccidono all'istante, se stai in casa morirai lo stesso - o perché entreranno i soldati invasori ad ammazzarti o perché la "semplice" mancanza d'acqua ti ucciderà in pochi giorni.
Per non parlare delle zone-obiettivi di guerra che da settimane sono note a tutti, a tutto il mondo, ma verso le quali viene programmaticamente impedito l'accesso ai soccorritori - cioè gli invasori russi impediscono, di proposito, i cosiddetti corridoi umanitari.
[Nota. Alla fine del post fornisco link con alcuni articoli e resoconti]
"Cosa ci fate qui? Siete venuti a vedere come moriamo?"
Dal telegiornale, mi sono segnata al volo quella frase. Per non dimenticarla. Anche se non ce ne sarebbe stato bisogno. Non me la dimentico. Dopo giorni e giorni di massacri sui civili inermi, su case, scuole e ospedali... Alla fine ho udito le parole che fin dai primi giorni di invasione russa mi sarei aspettata di udire da qualcuno e che, per me, ci meritiamo di udire tutti quanti. Tutti noi.
Una constatazione e un'accusa che credevo avrei udito molto prima.
Ma poi penso anche che... Chissà quanti l'avevano già detta così, o in modo simile, senza che nessuno la diffondesse in tivù o su internet.
"Cosa ci fate qui? Siete venuti a vedere come moriamo?"
È qualcosa che mi sono sempre chiesta. Sempre. Ogni volta che incrocio un servizio giornalistico con l'inviato professionista in qualche parte del mondo, nelle zone di guerra o di emergenze umanitarie.
E mentre non nego l'opportunità e la necessità dell'informazione (sul posto e da fonti dirette attendibili), mi chiedo spesso come si fa a "fare cronaca", a rimanere concentrati sul lavoro, a continuare a portarlo avanti per settimane e per mesi...
E, argomento ancora più scottante, come si fa a dedicare così tante risorse, umane, economiche e logistiche, per il "sistema" dell'informazione... Come si fa a decidere di non mollare tutto, come si fa a non cercare di salvare la vita di quelli che vedi lì davanti a te.
[So per certo che, qualche volta e per singoli casi, alcuni giornalisti, anche italiani, l'hanno fatto a titolo privato personale. Ad esempio hanno salvato un bambino o una bambina, orfani di guerra. Un salvataggio di uno dei tanti orfani, come iniziativa di singole persone che si prendono tutta la responsabilità di un'azione complicata, nella quale si è comunque costretti a scegliere chi salvare e chi abbandonare. Perché altrimenti si dovrebbe mollare tutto, appunto, e dedicarsi a salvare vite umane 24 ore su 24. ... Ma poi, perché no? Perché no?].
Continuo a chiedermelo.
Come si fa a non mollare tutto? Come si fa ad ignorare ciò che vedi, come si fa a non cercare di salvare la vita di quelli che vedi in pericolo (immediato o entro breve tempo) lì davanti a te?
E poi, come facciamo noi, i telespettatori, a non alzarci dalla sedia e correre a fare qualcosa? ...Qualsiasi cosa.
Mi rispondo che... è perché la capacità di ignorare "l'altro" in grave difficoltà (e perfino in pericolo di vita) è anche qui, è un fatto di tutti i giorni. Accade di continuo, accade dappertutto, anche quando la gente sta a pochi chilometri (o metri!) da te, da me.
Possiamo - anche noi, come gli inviati di guerra, come i giornalisti in Ucraina e in Siria - andare avanti col nostro lavoro mentre a qualche metro o a qualche chilometro di distanza c'è sicuramente qualcuno che avrebbe estremo bisogno d'aiuto, di qualsiasi tipo. Potrebbe trattarsi anche di un semplice piccolo aiuto, da dare senza fretta (ma necessario!) prima che il bisogno diventi estremo, disperato o urgente. Ma questo non rientra nelle priorità della maggior parte della gente. Mentre dovrebbe essere la priorità della maggior parte della gente.
E mi rispondo anche che...
Forse adesso la smetteremo TUTTI QUANTI di accusare - secondo il nostro giudizio di benpensanti di oggi - "quelli che potevano contrastare Hitler e non l'hanno fatto".
Con la differenza che, durante il nazismo, davvero - almeno nei primi 3/4 anni, molti di quelli che non hanno fatto nulla per contrastare le nefandezze - non ne sapevano nulla.
Bando agli equivoci: non sto dicendo che sotto il regime nazista non ci sono state responsabilità precise, anche di coloro che - pur sapendo e potendo agire, avendo un ruolo che permetteva di agire - non hanno fatto niente o non hanno fatto abbastanza.
Ma, c'è un grande "ma":
a quei tempi non c'erano la tivù e i giornali che informassero puntualmente e diffusamente la popolazione, i normali cittadini.
Non c'era internet...
Inoltre, se si studiano i documenti dell'epoca, risulta che chi riferiva certe notizie sul regime nazista (fin dalla metà degli anni Trenta), e sull'esistenza degli stessi campi di concentramento, di solito non veniva creduto.
Da studi abbastanza recenti, anzi, risulta che addirittura importanti personalità pubbliche non venivano credute. O perlomeno, non sono state credute per alcuni anni - finché fu troppo tardi.
Certe cose parevano impossibili. Ecco: innanzitutto, erano fatti che parevano impossibili. In secondo luogo, vigeva una propaganda del potere nazista difficile da combattere.
[Basti pensare che è difficile anche oggi contrastare la ormai celeberrima propaganda putiniana...].
È facile per noi, adesso, parlare di Nazismo e sentenziare "Tizio l'aveva detto e Caio l'aveva denunciato".
È troppo facile.
Noi, cittadini benpensanti di oggi - che in egual modo non muoviamo un dito - invece, non abbiamo neanche la scusante del "non lo sapevamo".
Non possiamo dire che qualcuno non ce l'aveva detto e neanche che potevamo avere qualche dubbio sulla credibilità di chi lo diceva.
Lo sappiamo bene quello che succede. Vicino a noi. E ovunque nel mondo.
E se per caso non lo sappiamo: è solo responsabilità nostra, in quanto abbiamo tutte le possibilità di avere le informazioni.
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I paragoni con la Shoah e le relative discussioni che sono nate da quei paragoni.
A cosa ci servono, ora?
Non ci basta forse quello che vediamo?
Al di là delle polemiche;
al di là di come la si voglia pensare e intendere;
che si vogliano fare dei paragoni oppure no;
che ci si ritenga offesi o irritati dai paragoni, oppure no;
che si ritenga plausibile un certo paragone da certi punti di vista, oppure no;
e tenendo presente che ogni violenza e ogni malvagità è diversa da un'altra, ma non per questo ci è consentito in questo momento (dal punto di vista etico e morale) stare a stilare classifiche di bestialità mentre la gente viene torturata, stuprata (senza differenze tra uomini, donne e bambini) e poi trucidata -
fatto sta che:
1) si sono verificati e si stanno verificando massacri, violenze indicibili, accumuli di cadaveri in fosse comuni, stupri, torture sistematiche sui civili da parte di militari che entrano nelle abitazioni private, atrocità e bestialità di ogni genere, blocco programmatico da parte dei militari russi delle forniture di farmaci alla popolazione ucraina nelle zone occupate, deportazioni di adulti e bambini ucraini verso località sconosciute della Russia per essere "smistati". Verso dove, non si sa. Di molti di loro non sapremo mai più niente.
Dalle ultime evidenze di questi giorni (vedi Bucha e altre), nelle zone occupate, devastate e poi abbandonate in fretta dagli invasori sono stati rinvenuti anche dei forni crematori mobili (all'interno di mezzi militari). Si presume che siano serviti per eliminare ogni traccia di certi civili torturati e uccisi, probabilmente di quelli eliminati coi metodi più cruenti e malvagi, allo scopo di nascondere i metodi, oppure le "categorie di persone" (donne e bambini), oppure il grande numero di trucidati - tutti quelli che ad oggi sono considerati "dispersi"... e che la cenere non permetterà di identificare.
Queste, fino ad ora, sono tutte notizie verificate, con testimoni oculari - e già ci possiamo immaginare quanti altri soprusi e violenze emergeranno dopo la guerra.
2) nel mondo occidentale siamo anche al corrente che tali violenze, come punto di partenza, riguardano spesso gli stessi soldati russi mandati a combattere: sono giovanissimi e sono vittime di lavaggio del cervello, spediti dalla Russia in Ucraina a fare "non si sa cosa". Questi ragazzi, in molti casi, sono andati letteralmente fuori di cervello, si ubriacano per sopportare la situazione - e perciò le loro reazioni sono imprevedibili. Tra loro, tra i giovanissimi, ci sono anche tanti morti perché non erano nemmeno pronti per fare i soldati. Sono stati mandati in Ucraina come carne da macello. E al momento risulta che la Russia non voglia nemmeno il rimpatrio delle salme. Probabilmente le loro famiglie non sanno ancora niente della morte dei loro figli.
Accanto a questi carnefici che allo stesso tempo sono anche vittime (e che è doveroso ricordare in questo modo), ci sono comunque i veri artefici che comandano i massacri di massa dei civili ucraini e che agiscono con piani di guerra programmati. Sono presenti infatti anche, e soprattutto, battaglioni di professionisti "specializzati" in tali missioni di eliminazione della popolazione civile. Anche questo è stato accertato.
3) sappiamo tutto ciò. Noi siamo informati come privati cittadini e, soprattutto, sono informate le grandi potenze mondiali.
(anche con la conferma e la sicurezza delle foto satellitari, quindi: nessun dubbio su ciò che accade. Nonostante il negazionismo del governo Russo che è all'opera fin dai primi giorni di guerra)
4) tra molto tempo, dopo la fine della guerra, chi ha la competenza stabilirà se i nomi da dare saranno "crimini di guerra", "pulizia etnica", "genocidio", o altro. Lo stesso potrà avvenire anche per altre guerre che proseguono da anni in altre parti del pianeta.
5) noi stiamo continuando a fare la nostra vita normale mentre accade quanto sopra.
Siamo davvero delle persone così diverse da quelle che vivevano durante la Seconda Guerra Mondiale?
Siamo davvero così diversi da quelli che ci hanno preceduto in queste esperienze?
Una nota sui cittadini ucraini delle città bombardate e distrutte solo in parte, con quartieri ancora "funzionanti" per la vita quotidiana.
Secondo quanto dicono e quanto filmano i nostri giornalisti inviati: appena c'è una parvenza di "tregua" e di silenzio degli allarmi... In qualche città o sobborgo di città, i residenti che sono in buone condizioni e che se lo possono permettere escono e frequentano qualche luogo di ritrovo, ad esempio i pochi negozi che ancora riescono a rimanere aperti, qualche bar, eccetera.
Credo che sia umano cercare un momento di normalità e di relax.
E lo crediamo tutti quando guardiamo quelle dirette televisive e diciamo "poveretti, cercano solo di distrarsi" oppure diciamo "poveretti, cercano di darsi coraggio" oppure diciamo "di fronte a tanta disperazione e morte che accade nella stessa città o nella città vicina, cercano di calmarsi"...
È probabile che lo faremmo anche noi se mezza Venezia fosse bombardata e l'altra mezza fosse "funzionante" coi bar aperti. Oppure se fossero bombardate Milano e Roma, mentre Verona e Genova restassero quasi intatte...
Certo, possiamo presumere che, tra tutta questa gente, ci sia chi guarda solo a sé stesso (mentre potrebbe andare ad aiutare i suoi concittadini nel quartiere accanto) e ci sia chi si trova allo stremo delle forze (e sta uscendo di casa solo per procurarsi acqua, pane e medicinali per tirare avanti).
Noi saremmo forse migliori di loro se ci trovassimo in quella situazione?
In realtà, non c'è risposta perché solo l'esperienza diretta può dire quello che farai.
E allora perché facciamo gli ipocriti (e puntiamo il dito verso "tutti quelli che sapevano") quando parliamo della storia di qualche decennio fa?
Noi oggi, qui e adesso, facciamo lo stesso.
La politicizzazione degli eventi, la trasformazione della storia in discussione e conversazione, in televisione, in internet, nei luoghi fisici di ritrovo, nei nostri bar, nelle nostre famiglie; e l'analisi dei "massimi sistemi" nella quale siamo impegnati a parole, non cambiano la sostanza: noi oggi facciamo lo stesso. Cioè niente.
E mentre - forse per i primi 15-20 giorni avvertivamo qualcosa che ci disturbava la coscienza e che ci faceva interrogare in modo più sincero sul da farsi in senso attivo - adesso, a poco più di un mese dall'inizio della guerra, ci siamo già abituati a convivere con gli orrori quotidiani. Ci stanno accanto come nuovi elementi del paesaggio.
(Semmai ci dà molto più fastidio l'aumento dei prezzi delle merci, l'aumento delle bollette di luce e gas, eccetera. È normale: ci toccano in modo diretto e dobbiamo trovare i soldi per far fronte alle nuove spese. Non è un problema da poco, specialmente se si può contare sul solito stipendio fisso, su un lavoro precario o su pensioni da fame: la situazione è grave. Se si è titolari di un'impresa, pure: ci si può trovare davanti alla scelta obbligata di chiudere l'attività. Sono cose molto serie da affrontare e sono capitate in tutte le guerre dei secoli passati).
"Cosa ci fate qui? Siete venuti a vedere come moriamo?"
Oggi, dopo circa 40 giorni di guerra e di atrocità quotidiane, ci siamo abituati che... "da quelle parti è così", è terribile, è vergognoso, è spaventoso, è incivile, ma è così.
Ci siamo abituati a non interrogarci più nemmeno più su quello che potremmo e che possiamo fare. (Ammesso e non concesso che noi normali cittadini possiamo fare qualcosa di determinante per cambiare il corso della Storia.
Il discorso della Preghiera è un capitolo a parte che non tratto qui. Perché questo post è dedicato a tutti, credenti e non credenti).
Ci siamo abituati al fatto che la nostra partecipazione attiva consiste - al massimo - nel "parlare" (o scrivere) e nell'avere qualche aggiornamento dai giornali e dalle tivù.
Non ci sentiamo chiamati in causa più di così...
(Anche perché, in effetti, oltre a sventolare bandierine "no war", "pace" e simili, cioè fare qualcosa che non serve a niente e a nessuno, non possiamo fare altro).
Eppure, quando capita, siamo pronti ad incolpare quelli che - durante una guerra mondiale del passato - non hanno fatto né detto niente.
Perché noi, invece, cosa abbiamo fatto per fermare la guerra e i massacri in Ucraina? (O in Siria).
La fiaccolata? Le bandierine? Gli articoli sui giornali? I post su facebook e sui blog? Le raccolte di fondi per i profughi che riescono ad arrivare qui?
Proprio bravi siamo.
Sono sicura (come no?!) che i potenti del mondo sono stati molto influenzati dalle nostre fiaccole, dalle nostre bandierine e dai nostri post sui social - come no?!?
Come cristiana e come cittadina italiana, non ho idea di cosa dovremmo fare.
Il mio scrivere (inutile) non sta dando alcuna proposta di soluzione.
[Nota. Avevo scritto una specie di proposta generale QUI ma riguarda la prevenzione delle guerre sul medio-lungo periodo. Una filosofia "dal basso", una strategia che può funzionare, ma che non si applica nell'immediato o nel breve periodo a guerre già in corso].
So solo che ci troviamo nelle stesse condizioni delle guerre passate e che ci stiamo comportando esattamente come quelli del passato.
Già riconoscere questo fatto può aiutarci nella maturazione personale.
Può anche aiutarci a studiare la Storia con più realismo, evitando chi ce la racconta in chiave politica e propagandistica.
Quanto a fermare la guerra...
La nostra consapevolezza di essere come tutti gli altri esseri umani del passato: no, neanche questa consapevolezza fermerà la guerra.
Però ci potrà aiutare - se restiamo vivi e se non ci sarà una devastazione nucleare - a pensare ai nostri predecessori come a persone che, in maggioranza, soffrivano come noi (e più di noi) nel rendersi conto che non potevano fare niente per fermare le decisioni dei potenti e i massacri dei quali venivano a conoscenza...
Certo, c'era anche gente che guardava solo ai propri interessi, al proprio ombelico, ai propri obiettivi personali senza guardare in faccia nessuno.
Ma, anche decenni fa, anche nella Seconda Guerra Mondiale, c'era una marea di persone, un numero enorme di cittadini come noi che cercavano di fare il meglio che potevano per risolvere i problemi quotidiani e le situazioni nelle quali non sapevano come comportarsi per salvare vite, per evitare tragedie. Magari facevano errori, magari intervenivano troppo presto o troppo tardi... Magari, proprio come noi, si rendevano conto che ogni loro decisione e azione, un passo indietro come uno in avanti, poteva scatenare eventi peggiori di quelli già in atto.
Erano persone di ogni ceto sociale, di ogni gruppo politico, di ogni stile di vita, di ogni professione, di ogni cultura o di ogni "poca cultura", di ogni religione, di ogni idea, di ogni livello di ricchezza o di ogni povertà.
Ricordiamoci anche di loro nelle nostre preghiere. (questo invito è per i cattolici)
Ricordiamoci di fare queste valutazioni prima di puntare il dito verso tutte le persone comuni che hanno vissuto le guerre del passato.
(questo invito è per tutte le persone di buona volontà, credenti e non credenti).
Cerchiamo di imparare qualcosa da quello che sta accadendo.
E cerchiamo soluzioni per migliorare il mondo, cominciando da noi stessi.
"E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi."
(Gv 8,7-9)
Link Notizie Ucraina
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1992 2022 - Ritorno all'inferno (CULTURA)
Storia, assedio di Sarajevo, con T. Capuozzo
Una delle vicende di giornalisti italiani che mi ricordavo era appunto la sua.