Che cos'è la Chiesa? Un percorso tra le parole che possono spiegartelo... Senza perderci un decennio 🤔
• non è un'associazione di cristiani che fanno volontariato;
• non è un partito politico né una fazione religiosa in conflitto con altre fazioni religiose;
• non è una religione (anche se comprende e si basa su un fatto attinente alla cosiddetta "religione" o "fede");
• non è principalmente una struttura istituzionale che si occupa di spiritualità cristiana, suddivisa in diocesi, arcidiocesi, uffici, dicasteri, congregazioni, pontifici consigli e commissioni, eccetera.
(non lo è perché la struttura giuridica organizzata può sempre cambiare in qualche suo settore e strutturarsi diversamente - anche in base alle epoche storiche e/o alle proprie decisioni. Fatta salva una certa organizzazione gerarchica fissa "di base" che è la stessa da duemila anni. Ma per il resto tutto è modificabile e/o adattabile a nuove situazioni.
Ad esempio, fino ad un certo punto della storia, le parrocchie non esistevano. E fino ad un altro punto della storia, anche a seconda delle aree geografiche, le parrocchie antiche non corrispondevano a quelle che noi oggi chiamiamo parrocchie).
La mia proposta di lettura, per rispondere velocemente alla domanda Che cos'è la Chiesa?, è di cominciare dall'estratto di un testo a tema "trasversale" - col quale (proprio grazie alla trasversalità) si è introdotti subito nell'argomento Chiesa.
Dal discorso di padre Benedetto (Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI) del 14 febbraio 2013 in occasione del tradizionale incontro con il clero di Roma, a pochi giorni dalla sua rinuncia al pontificato.
[Nota. La rinuncia è stata annunciata l'11 febbraio 2013 con effetto dalle ore 20 del 28 febbraio. Perciò questo discorso del 14 febbraio fu pronunciato come Papa e Vescovo di Roma]
"È sempre una grande gioia vedere come la Chiesa vive, come a Roma la Chiesa è vivente; ci sono Pastori che, nello spirito del Pastore supremo, guidano il gregge del Signore. È un clero realmente cattolico, universale, e questo risponde all’essenza della Chiesa di Roma: portare in sé l’universalità, la cattolicità di tutte le genti, di tutte le razze, di tutte le culture.
(...)
non ho potuto preparare un grande, vero discorso, come ci si potrebbe aspettare; ma piuttosto penso ad una piccola chiacchierata sul Concilio Vaticano II, come io l’ho visto.
(...)
Veniva ritrovato, soprattutto, il concetto, che era previsto anche dal Vaticano I, del Corpo Mistico di Cristo. Si voleva dire e capire che la Chiesa non è un’organizzazione, qualcosa di strutturale, giuridico, istituzionale - anche questo -, ma è un organismo, una realtà vitale, che entra nella mia anima, così che io stesso, proprio con la mia anima credente, sono elemento costruttivo della Chiesa come tale. In questo senso, Pio XII aveva scritto l’Enciclica Mystici Corporis Christi [1943], come un passo verso un completamento dell’ecclesiologia del Vaticano I.
Direi che la discussione teologica degli anni ’30-’40, anche ’20, era completamente sotto questo segno della parola “Mystici Corporis”. Fu una scoperta che ha creato tanta gioia in quel tempo ed anche in questo contesto è cresciuta la formula: noi siamo la Chiesa, la Chiesa non è una struttura; noi stessi cristiani, insieme, siamo tutti il Corpo vivo della Chiesa. E, naturalmente, questo vale nel senso che noi, il vero “noi” dei credenti, insieme con l’”Io” di Cristo, è la Chiesa; ognuno di noi, non “un noi”, un gruppo che si dichiara Chiesa. No: questo “noi siamo Chiesa” esige proprio il mio inserimento nel grande “noi” dei credenti di tutti i tempi e luoghi.
(...)
"nella ricerca di una visione teologica completa dell’ecclesiologia, nel frattempo, dopo gli anni ’40, negli anni ’50, era già nata un po’ di critica nel concetto di Corpo di Cristo: “mistico” sarebbe troppo spirituale, troppo esclusivo; era stato messo in gioco allora il concetto di “Popolo di Dio”. E il Concilio, giustamente, ha accettato questo elemento, che nei Padri è considerato come espressione della continuità tra Antico e Nuovo Testamento.
Nel testo del Nuovo Testamento, la parola “Laos tou Theou”, corrispondente ai testi dell’Antico Testamento, significa – mi sembra con solo due eccezioni – l’antico Popolo di Dio, gli ebrei che, tra i popoli, “goim”, del mondo, sono “il” Popolo di Dio. E gli altri, noi pagani, non siamo di per sé il Popolo di Dio, diventiamo figli di Abramo, e quindi Popolo di Dio entrando in comunione con il Cristo, che è l’unico seme di Abramo. Ed entrando in comunione con Lui, essendo uno con Lui, siamo anche noi Popolo di Dio. Cioè: il concetto “Popolo di Dio” implica continuità dei Testamenti, continuità della storia di Dio con il mondo, con gli uomini, ma implica anche l’elemento cristologico. Solo tramite la cristologia diveniamo Popolo di Dio e così si combinano i due concetti. Ed il Concilio ha deciso di creare una costruzione trinitaria dell’ecclesiologia: Popolo di Dio Padre, Corpo di Cristo, Tempio dello Spirito Santo."
Fine citazione di Benedetto XVI.
Per proseguire, devi sapere - in generale - che le spiegazioni su cosa sia la Chiesa si trovano:
Questa modalità di affrontare l'argomento Chiesa richiede, però, almeno qualche anno di studio.
2.
https://www.vatican.va/archive/catechism_it/index_it.htm
Per un sicuro riferimento, ecco lo schema di esposizione e le sotto-sezioni che troverai nella pagina web, corrispondenti ai paragrafi sopraddetti:
Catechismo
capitolo Terzo:
In particolare, un suggerimento:
Perché, proprio come ci dice il Catechismo, tutte le diverse spiegazioni su "cos'è la Chiesa" si potrebbero anche esplicitare e riassumere prendendo in considerazione una sola prospettiva molto semplice:
Paragrafo 946
"Dopo aver confessato « la santa Chiesa cattolica », il Simbolo degli Apostoli aggiunge « la comunione dei santi ». Questo articolo è, per certi aspetti, una esplicitazione del precedente: « Che cosa è la Chiesa se non l'assemblea di tutti i santi? ».
Se vuoi approfondimenti, sempre esposti in modo semplice, leggi i seguenti post:
Chi fa parte della Comunione dei Santi? Tu!
Chi fa parte della Chiesa Cattolica?
Scoprirai che, per assurdo, un battezzato cattolico potrebbe non fare parte (o non fare pienamente parte) della Chiesa, e che invece un fedele di altra religione (o perfino un non credente) potrebbe far parte della Chiesa Cattolica senza saperlo.
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Infine, metto qui in evidenza un importante punto-chiave che dovresti avere ben chiaro in mente: il passaggio da Israele alla Chiesa.
[Nota importante. Ho scritto passaggio. Non ho detto che il passaggio implica una sostituzione! Attenzione a queste cose!
I cristiani sono cristiani perché hanno la loro radice in Cristo cioè nella storia santa e nell'attesa messianica di Israele. Ciò non toglie al Popolo di Israele quello che è sempre stato e che continua ad essere. Un'efficace espressione di un professore ebreo cattolico lo spiega così: "il cattolicesimo è il giudaismo col Messia; l'ebraismo è il giudaismo ancora in attesa del Messia". Aggiungo che, se un giorno l'ebraismo proclamerà un Messia diverso da Gesù Cristo, poi eventualmente discuteremo coi nostri fratelli ebrei sulla questione. Anzi, no, mi correggo: perché mi risulta che, secondo l'ebraismo, il Messia verrà riconosciuto più o meno "all'improvviso" e "in contemporanea" da tutti gli ebrei e da tutti i non-ebrei. In pratica: da tutto il mondo. Perciò non ci sarebbe nessuno che si mette a discutere. Questo elemento mi fa pensare che la teologia ebraica, in realtà, si riferisca a quella che in teologia cattolica si chiama parusia di Cristo; con la notevole differenza che per l'ebraismo non si tratterebbe del momento della resurrezione dei morti e del Giudizio finale. Quindi è ovvio che sulla questione del Messia ebrei e cattolici non concordano. O meglio: gli ebrei che concordano su Gesù Cristo-Messia sono diventati ebrei cattolici oppure sono entrati in altri gruppi cristiani e/o cosiddetti messianici; gli ebrei che non concordano e i non ebrei che si sono convertiti all'ebraismo hanno un credo diverso sulla figura messianica e sul mondo all'arrivo del Messia.
Comunque, al momento, per il momento, ho descritto come stanno le cose nella visione cattolica - e con una grande semplificazione si può dire che: il "giudaismo con Messia Gesù" è praticamente all'incirca il cattolicesimo; il "giudaismo in attesa del Messia" è praticamente all'incirca l'ebraismo; entrambi fondati sulla stessa radice santa di Israele. Si tratta di una notevole (un po' esagerata) semplificazione perché non prende in considerazione alcuni grandi "scismi" occorsi sia nel cristianesimo che nell'ebraismo. Però intanto può aiutare, come inizio per eventuali principianti, a districarsi un minimo tra le questioni più complicate]
Ritorniamo al punto-chiave. Iniziando con un promemoria.
Nell'estratto di padre Benedetto che ho riportato all'inizio, ad un certo punto leggiamo:
[Nota: le parole di completamento / esplicitazione tra parentesi quadre sono mie]
Nota: il neretto è mio.
Nel testo del Nuovo Testamento, la parola “Laos tou Theou” [Popolo di Dio in greco], corrispondente ai testi dell’Antico Testamento [in ebraico], significa – mi sembra con solo due eccezioni – l’antico Popolo di Dio, gli ebrei che, tra i popoli, “goim”, del mondo, sono “il” Popolo di Dio. E gli altri, noi pagani, non siamo di per sé il Popolo di Dio, diventiamo figli di Abramo, e quindi Popolo di Dio entrando in comunione con il Cristo, che è l’unico seme di Abramo. Ed entrando in comunione con Lui, essendo uno con Lui, siamo anche noi Popolo di Dio. Cioè: il concetto “Popolo di Dio” implica continuità dei Testamenti, continuità della storia di Dio con il mondo, con gli uomini, ma implica anche l’elemento cristologico. Solo tramite la cristologia diveniamo Popolo di Dio".
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Inizio citazioni del cardinale Jean-Maris Lustiger, ebreo cattolico, dal suo libro La Promessa, 2002, Marcianum Press.
Capitolo 10.
"L'accesso a tutte le ricchezze di Israele attraverso Cristo."
In particolare, i seguenti estratti (dal capitolo 10) provengono da una lezione-conferenza di Jean-Marie Lustiger per un ritiro spirituale di suore francesi presso il loro convento nel 1979. I testi sono stati poi rivisti per la pubblicazione del 2002 dallo stesso cardinale Lustiger.
(Pag. 125)
(...)
"È normale che il discepolo di Cristo scopra queste ricchezze [di Israele] con uno sguardo nuovo: egli vi riconosce un compimento ed una novità, che sarebbero stati inaccessibili se non avesse creduto che Gesù è il Messia.
Certo, questa comprensione in Cristo non coincide con la maniera in cui l'ebreo che non riconosce Cristo percepisce la sua ricchezza. Non per questo, la visione che egli ha di se stesso è caduca o priva di significato. Questa radicale differenza d'interpretazione è legata precisamente al mistero di Cristo stesso. (...) Ma per il pagano che ha accesso alla ricchezza d'Israele si tratta innanzitutto di una scoperta, dunque di un'azione di grazia per bontà di Dio che dona gratuitamente un dono immeritato." (...)
(Pagg. 126-127)
"Attraverso la fede in Cristo, Figlio obbediente e risuscitato, compimento stesso d'Israele, alcuni pagani, presi fra tutte le nazioni, ora hanno accesso alla storia d'Israele.
Essi, che erano senza un passato, senza storia, senza alleanza, ricevono la rivelazione della storia che Dio rivela al suo popolo, la Storia santa. Naturalmente, non bisogna prendere la parola "storia" nel significato della disciplina critico-storiografica, ma come gesto fondatore di Dio, che dà significato alla vita umana."
"Dove non c'è Elezione, non c'è storia. È facile verificarlo nella nostra vita personale. La nostra vita si perde nella significanza, nel nulla, nella nostalgia del tempo che passa o delle gioie effimere; essa è privata di senso, fino a quando non la riceviamo nell'amore di Dio, che ci sceglie e ci fa parte dell'Elezione. Allora misuriamo con quanto amore siamo amati e in che modo Dio ci chiama, ci sceglie. Allora il nostro passato ci è restituito come una benedizione.
(...) perché portiamo in altro modo il peso di questo passato, in virtù della Misericordia che ci riconcilia con Dio e con noi stessi."
(...)
"Nella stessa speranza di misericordia Israele può fare memoria di tutta la storia del mondo nell'Elezione che riceve.
I pagani stessi hanno ormai accesso a questa memoria della salvezza della moltitudine. Ecco perché la Chiesa celebrando il Sabato santo, la Pasqua del Messia fa memoria di tutta la storia dell'umanità, iniziando con il racconto della creazione." [1]
[[[[Nota1. Nella liturgia della Veglia pasquale celebrata nella notte del Sabato santo la Chiesa propone, come prima lettura, il racconto della creazione (Genesi) ]]]]
"Questo movimento di azione di grazia ci fa portare il peso della memoria dell'umanità, condividendo, in Cristo, la memoria d'Israele. In lui i pagani hanno accesso alla Storia santa. Questa storia diventa la loro; Abramo diventa il loro padre (...). E coloro che non erano figli lo sono diventati."
"Essi hanno diritto anche alla Legge come ad una legge santa inscritta nel loro cuore: agendo attraverso il Messia, con lui ed in lui, obbediscono alla Legge; lui vi si è fatto obbediente fino alla morte di croce. La disciplina della Chiesa li ha dispensati dagli obblighi di Israele [vedi Atti degli Apostoli capitolo 15], perché questo fardello, troppo pesante per loro, è il privilegio di Israele." (...)
"Tuttavia, in Cristo hanno accesso alla pienezza della Legge. In Cristo ricevono lo Spirito che permette loro di compiere effettivamente la Legge. Possono quindi entrare nella santità piena, nel compimento completo dei comandamenti, anche se non vengono loro imposti gli obblighi della condizione ebraica. Comprendiamo bene perché alcuni ebrei rifiutino questa distinzione. Ma rifiutarla in un'interpretazione cristiana vorrebbe dire paganizzare. Infatti, il mistero di Cristo è la grazia fatta ai pagani di serbare perfettamente la Legge, l'amore di Dio, la santa volontà di Dio e di entrarvi nella perfezione di Cristo e nella libertà dello Spirito." (...)
Fine citazioni di Jean-Marie Lustiger,
da La Promessa, 2002, Marcianum Press Venezia.
Aggiungo alle parole del card. Lustiger (il quale affrontava volutamente la questione da una certa ottica, l'ottica delle radici cristiane nell'ebraismo, ancora mancante in molti cattolici)
aggiungo a quelle spiegazioni fondamentali che poi, nei fatti, per il fedele cattolico osservante praticante, l'applicazione quotidiana degli insegnamenti di Cristo diventa una norma di vita che può andare anche molto oltre gli "obblighi" della Legge ebraica. L'esempio dei nostri grandi santi parla da sé. Come pure la stessa santità che si è sempre verificata e si verifica oggi nella "vita normale" di tanti semplici cattolici praticanti, vicinissimi a Dio nei loro pensieri e azioni.
L'unica vera differenza è che - come cristiani - noi partiamo da una visione diversa (cristologica) rispetto agli ebrei. Anche se - mi sento di affermare senza problemi - le prospettive e gli approcci che oggi vengono presentati dai rabbini non differiscono molto dall'approccio cristiano cattolico nei confronti della Legge, dell'ortoprassi, dello spirito col quale si risponde ai comandamenti e all'amore di Dio.
Il punto fondamentale messo in evidenza dal card. Lustiger era la partenza di tutto questo per i cristiani. Una partenza che per gli ebrei-cattolici è chiarissima. Per gli ebrei non-cattolici, pure (anche se la pensano diversamente sul Messia e su altri argomenti teologici).
Gli unici ai quali spesso sfugge la base ebraica e che possono necessitare di un salutare ripasso sono i cristiani provenienti da culture pagane e/o secolarizzate.
Per riassumere. Mettendo insieme tutti i pezzi della storia: la Chiesa Cattolica è anche l'accesso ai doni di Israele attraverso Cristo. Un accesso aperto a tutti. Il termine "cattolico" in greco significa universale.
E ci ritorniamo con la stessa "guida".
Il breve estratto di testo che propongo come chiosa di tutto il discorso proviene infatti da un'intervista del 2015 a Joseph Ratzinger, il papa emerito, ora padre Benedetto (come lui stesso ama essere chiamato dopo la rinuncia al pontificato e la scelta di dedicarsi alla preghiera per la Chiesa e per Papa Francesco).
L’intervista scritta e rilasciata al gesuita belga Jacques Servais nella lingua madre di padre Benedetto, il tedesco, fu letta, nell’ambito di un Convegno (riguardante una tema di predicazione per esercizi spirituali) a Roma.
La traduzione è stata fatta dallo stesso Jacques Servais ed è stata poi rivista interamente dall’intervistato (cosa molto importante!).
La fonte è il quotidiano Avvenire. Link
https://www.avvenire.it/agora/pagine/facciamoci-plasmare-da-cristo-
«Si tratta della questione: cosa sia la fede e come si arrivi a credere. Per un verso la fede è un contatto profondamente personale con Dio, che mi tocca nel mio tessuto più intimo e mi mette di fronte al Dio vivente in assoluta immediatezza in modo cioè che io possa parlargli, amarlo ed entrare in comunione con lui. Ma al tempo stesso questa realtà massimamente personale ha inseparabilmente a che fare con la comunità: fa parte dell’essenza della fede il fatto di introdurmi nel noi dei figli di Dio, nella comunità peregrinante dei fratelli e delle sorelle. La fede deriva dall’ascolto (fides ex auditu), ci insegna san Paolo. L’ascolto a sua volta implica sempre un partner. La fede non è un prodotto della riflessione e neppure un cercare di penetrare nelle profondità del mio essere. Entrambe le cose possono essere presenti, ma esse restano insufficienti senza l’ascolto mediante il quale Dio dal di fuori, a partire da una storia da Lui stesso creata, mi interpella. Perché io possa credere ho bisogno di testimoni che hanno incontrato Dio e me lo rendono accessibile. La Chiesa non si è fatta da sé, essa è stata creata da Dio e viene continuamente formata da Lui. Ciò trova la sua espressione nei sacramenti, innanzitutto in quello del battesimo: io entro nella Chiesa non già con un atto burocratico, ma mediante il sacramento. E ciò equivale a dire che io vengo accolto in una comunità che non si è originata da sé e che si proietta al di là di se stessa. La pastorale che intende formare l’esperienza spirituale dei fedeli deve procedere da questi dati fondamentali. È necessario che essa abbandoni l’idea di una Chiesa che produce se stessa e far risaltare che la Chiesa diventa comunità nella comunione del corpo di Cristo. Essa deve introdurre all’incontro con Gesù Cristo e portare alla Sua presenza nel sacramento».
Ma chiediamoci: come è possibile per noi collegarci con quella testimonianza, come può giungere fino a noi quello che hanno vissuto gli Apostoli con Gesù, quello che hanno ascoltato da Lui?
[...]
Allora, riscopriamo oggi tutta la bellezza e la responsabilità di essere Chiesa apostolica! E ricordatevi: Chiesa apostolica perché preghiamo – primo compito – e perché annunciamo il Vangelo con la nostra vita e con le nostre parole."
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