Una voce diversa, un pensiero creativo, finalmente! (dopo tante "creatività" campate per aria). Appunti sulla pandemia 📝

Magari l'avranno già detto anche altri, eh. Magari l'avranno già pensato in migliaia, non dico di no.
Infatti è almeno da un anno che penso anch'io cose del genere, e non credo di essere l'unica persona pensante sulla terra.

Però in questi ultimi anni caratterizzati dalla pandemia di Covid - nella vita di tutti i giorni e in tutti i mezzi di comunicazione - il pensiero insistente va in una sola direzione. 
Le parole talvolta possono anche sembrare diverse o divergenti... Ma poi si dimostra che persiste un unico schema mentale. 
E non se ne esce.
Anche quelli che sembrano uscirne, per la grande maggioranza, secondo il mio modesto e umilissimo parere, in realtà non ne escono per niente.
 
Ed eccomi al punto:
le proposte di soluzioni per la vita in periodo di pandemia attualmente nella nostra società sono comprese e definite in due principali atteggiamenti.

Atteggiamento 1)
mettere in atto tutte le forze umane, della scienza, della politica, dell'economia, anche della religione, per arrivare alla "vita normale" (quella pre-Covid) il più presto possibile;

[e nota bene: anche per me rimane ovvio che è assolutamente necessario & giusto & urgente lavorare al meglio e al massimo per risolvere il problema. Manca solo il dettaglio di come costruire la vita nel frattempo.  E convengo che la questione non può rientrare nelle competenze e nei compiti delle figure che si occupano dell'emergenza sanitaria]

Atteggiamento 2) 
prendere atto, accettare il più presto possibile (spesso pure a detta di ambienti religiosi) lo stato di fatto - e "tirare dritto" con decisione - mettendosi bene in testa che nella storia dell'uomo è entrata una nuova malattia e che non ci si deve far fermare da questo fatto naturale. 
Si dice che le epidemie non fermavano nessuno neanche nel Medioevo, no? 

[Sì, ok, anche se io su questo punto farei notare che nel Medioevo la gente non diceva "all'età della pietra e degli antichi romani si risolveva così", bensì i medievali prendevano linfa e conforto dalle radici antiche nonché dalla consapevolezza degli errori del passato, per poi inventarsi anche qualcosa di nuovo con le nuove risorse e le nuove scoperte. E comunque non è del tutto vero che di fronte alle epidemie "nel Medioevo non si fermavano". Fine della Nota]

I due atteggiamenti principali, come dicevo, - volenti o nolenti - alla fine sfociano entrambi nella soluzione pratica (e chiamala soluzione!) 
di non cambiare proprio nulla nella vita in periodo di pandemia - tranne che aggiungere le necessarie nuove incombenze anti-contagio (mascherine, documenti vari, vaccini, tamponi, controlli, disinfettanti, procedure di sicurezza, limitazioni di movimento, ecc.) al precedente schema e stile di vita che noi ritenevamo essere "le normali abitudini" o il "diritto di vivere così". 
In poche parole: adesso aggiungiamo solo nuovi doveri, nuovi compiti, al nostro vecchio modello di vita.

Davanti a questi due fronti di pensiero se ne affaccia un terzo: quello che dice che si dovrebbero "ripensare i modelli sociali". 
Ecco, questo terzo, ho sempre avuto l'impressione anch'io - come dice l'autore che poi propongo - che rientri comunque nei primi due... Perché la terza via alla fine è sempre stata più nominale che fattuale. 
In altri termini: se ne parla tanto ma non si mette in pratica niente (oppure si mette in pratica qualcosa "tirato per i capelli", avendo sempre nella testa il vecchio modello di vita al quale si vuole e si pensa di tornare "un giorno o l'altro" nel prossimo futuro. Dimenticando che non è mai accaduta una roba simile in tutta la storia dell'umanità: i grandi cambiamenti e gli sconvolgimenti di qualsiasi tipo cambiano sempre e per sempre il modello precedente. Sempre. 
Ed è proprio nelle facoltà umane e nelle capacità uniche degli esseri umani, per me cattolica donate da Dio, la possibilità di cambiare tutto in meglio, dopo aver conosciuto e superato una crisi epocale. Ma sono appunto possibilità meravigliose che l'uomo ha. Non sono risultati che arrivano "in automatico" andando avanti come muli testardi. E mi scuso con i muli, animali simpaticissimi che non vorrei mai offendere).

Qual è il risultato di tutto questo? Intendo, quale risultato si ottiene insistendo con queste due o tre visioni della vita durante la crisi pandemica?
Dal mio punto di vista gli unici risultati (reali, sociali, psicologici, morali) sono abbastanza paralizzanti:

a) stress insopportabile
b) un gruppo sociale fa la sua vita come se non ci fosse un'epidemia in corso, e un altro fa una vita di quasi-clausura in quanto "là fuori" non ci sono altre alternative o progetti diversi. [Nota: questi due gruppi sono trasversali sia alla politica che alla religione]
c) se si continua così, la pandemia diventerà sempre più pesante nelle sue conseguenze (nonostante i vaccini e le nuove cure che possono venirci in aiuto) - e si concluderà solo tra molti anni, lasciando al tappeto sia le persone che i sistemi economici e sanitari.

D'altra parte, questo è ciò che accade ogni volta che l'uomo non vuole guardare in faccia la realtà.

In questo scenario abbastanza catastrofico (che io vedo chiaramente così ma sul quale spero sempre di sbagliarmi) ogni tanto trovo qualche voce che finalmente parla di soluzioni vere, non utopistiche e non astratte, tenendo conto della realtà in cui ci troviamo. Né più né meno.

Perché la realtà, laddove non è complicata dalle cose gravi, è semplice... 
E seguendo la via della semplicità, tanti problemi risolvibili si 
risolverebbero molto meglio e molto prima, dando sollievo e respiro alle persone sfiancate e sfinite, e aprendo già adesso la strada per la migliore nuova società che nascerà e fiorirà dopo. Perché, come dice anche Papa Francesco, dalla crisi si esce migliori o peggiori. Dipende da noi.

Una buona proposta, una traccia di direzione che ho trovato in rete è stata scritta qualche giorno fa come un piccolo appunto, una bozza, un semino semplice (il famoso granellino di senapa). 
Si tratta di suggerimenti, certo non esaustivi di ogni problema del mondo, ma che si basano e portano sul concreto.
Tutti noi possiamo pensare e realizzare altre mille piccole esperienze come quelle. 
Possono diventare dei progetti per il futuro, ma è già sufficiente un qui-e-ora con tutto il suo valore - per trasformare questo periodo storico in vera opportunità, invece di contribuire ad aggravare la crisi con idealismi fantasmagorici o con le lagne infinite su quello che non funziona, su quello che ci ha tolto l'epidemia di Covid.

La fonte dell'articolo che propongo è il sito del Centro Culturale Gli Scritti; colonna portante e fondatore è don Andrea Lonardo. 
Sempre lui è l'autore del breve articolo (o "nota", secondo la sua stessa definizione). 
Tutti i neretti li ho riportati tali e quali, come nel testo originale.

Dichiarazione sul Copyright e altri diritti.
Riprendo qui sul mio blog una Nota di Andrea Lonardo. Resto a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per contattarmi cliccare QUI



Appunti su di un anno particolare
di Andrea Lonardo

Trovo stucchevole l’insistenza sul fatto che il virus obblighi tutti a ripensarsi e ripensare anche ai “modelli” di comunità cristiana, quando poi si continua ad insistere sul fare le cose, come se non ci fosse alcun problema.

Prendere sul serio il virus che obbliga a vivere più isolati, vuol dire capire che è un vero richiamo a saper stare da soli, a meditare, a fermarsi in silenzio.

Ricordo una superiora delle salesiane anziana che mi raccontava di quando il comunismo nell’allora Cecoslovacchia sciolse i conventi e obbligò tutte le suore a togliere l’abito e a tornare a vivere nelle loro case, senza poter fare vita comune. Quella superiora mi raccontava che, spinta dalla Spirito, decise di far studiare ogni suora, in maniera che si specializzasse in una nuova materia, in attesa di tempi migliori.

Alla fine del comunismo si trovò con suore che erano molto più preparate di prima. Aveva approfittato di quel tempo così difficile, chiedendo di viverlo in maniera diversa.

Il virus obbliga a leggere. 
Ogni cristiano deve leggere qualche libro, ogni diocesi deve chiedere ai suoi preti e ai suoi catechisti di leggere, ogni catechista deve chiedere ai bambini e ai genitori di leggere qualcosa, ogni pastorale universitaria deve chiedere di leggere.

Cosa vuol dire altrimenti rendersi conto che il virus ha cambiato la vita delle persone e bisogna aiutarle a vivere questo momento e non un altro?

Lo stesso per i viaggi: non ha senso recarsi nelle città meta di grande turismo con il rischio di file chilometriche e di contagi. Si deve andare in piccoli paesi, a vedere chiese e capolavori trascurati. Bisogna andare dove c’è meno gente.

Così per le forme di riunione o di dialogo. Si tratta di chiedere alle persone di incontrarsi in piccoli gruppi o di incoraggiarle a camminare parlandosi da cuore e a cuore. Chi sogna con il virus grandi eventi e adunate, inganna.

Il virus fa stringere ancora di più intorno all'eucarestia, l'unico vero pasto comune che è concesso oggi a tutti, facendo riscoprire la forza sacramentale della liturgia.

Quale richiamo è poi il tempo del virus per la preghiera e per la vita spirituale.

Quale occasione per accompagnare la famiglia con piccole proposte da vivere in casa, riscoprendo le antiche tradizioni.

Quale occasione per imparare a cucinare, per riordinare casa, per vedere insieme le vecchie foto con i bambini.

Ma abbiamo preso sul serio questo tempo, oppure aspettiamo solo che passi?

Don Andrea Lonardo,
31/12/2021




Eh già, concreto come le patate, per parafrasare Chesterton.

Sottoscrivo tutto, comprese le virgole della Nota di don Andrea. 
C'è soltanto un punto - ed è davvero molto importante - che io avrei trattato un po' diversamente, pensando anche ad una proposta più "audace" e allo stesso tempo (dal punto di vista della salute pubblica e della crescita spirituale personale) più rispondente sia alle ondate epidemiche che si stanno susseguendo sia alla scarsa frequentazione delle chiese: il punto sull'Eucaristia.
 
Mia personale opinione: 
in questo momento e visti i precedenti, sarebbe più saggio - e non meno rispettoso del Sacramento - trovare delle ulteriori modalità / possibilità / autorizzazioni (anche con l'aiuto dei ministri straordinari dell'Eucaristia) che permettessero a molti più fedeli, in modo più libero ed "esteso", di accostarsi a Confessione e Comunione, anche al di fuori di "orari fissi" e della celebrazione della Messa domenicale. 
In pratica: mi augurerei che la Chiesa universale o la CEI prevedesse per le diocesi/parrocchie l'organizzazione di un'attività più "spalmata" durante la settimana oppure l'accesso per la Comunione in chiesa di domenica lungo tutta la giornata - per coloro che non sono stati presenti alla Messa, al di là che si sia trattato di un impedimento per gravi motivi o di una scelta prudenziale legata alla storia clinica personale oppure di altre valutazioni in coscienza a tutela del bene della vita, propria e altrui, a protezione della propria famiglia e della società. Soprattutto dopo l'evidenza scientifica che il virus si trasmette e si diffonde anche tra vaccinati. Quindi la causa della circolazione del Covid e l'incremento dei contagi si sono sganciati dalla correlazione diretta col dato vaccinati / non vaccinati - ma sono collegati principalmente alla vita sociale, alla quantità e alla qualità dei contatti, ai comportamenti delle persone, al tipo di mascherina e a come viene usata, ai luoghi chiusi, alla durata di stazionamento in gruppo in uno stesso luogo chiuso, eccetera. In aggiunta, si deve considerare che più il virus viene fatto circolare più ci esponiamo alla probabilità delle cosiddette varianti (resistenti ai vaccini?) nonché alla più alta possibilità di andare a "beccare" persone che si ammalano in modo grave, o perché sono deboli di salute nonostante la vaccinazione o perché non vaccinate, o perché sono nella categoria dei non responder o low responder al vaccino o per qualsivoglia altra causa contingente.  In definitiva, è chiaro-lampante che al momento (in attesa di migliori cure e di migliori vaccini) la strada maestra per rallentare davvero l'epidemia è quella di trovare alternative realistiche e praticabili nell'organizzazione sociale in ogni settore e nel modo di incontrarsi / stare insieme al di fuori di scuola e lavoro.
A seguito di tale evidenza, la valutazione su quale sia, in un determinato momento e situazione, la via migliore per amare Dio, amare il prossimo come sé stessi e santificare le feste, è nell'ambito della coscienza individuale.

Per fare un esempio chiarissimo: se io sono vaccinata (quindi abbastanza al sicuro per quanto riguarda me stessa) ma so che - causa Covid - c'è allarme delle autorità sanitarie della mia zona perché si stanno affollando gli ospedali e le terapie intensive nonché di conseguenza ostacolando tutte le cure, le diagnosi e i controlli ordinari di tanti ammalati gravi di patologie non-Covid, a causa del sistema sanitario sovraccarico... Per non parlare dei molti medici e del personale sanitario andato in burn-out (ne conosco)...
Domanda: ad un certo punto posso arrivare nella mia coscienza di cristiana ad una valutazione che in un dato momento/periodo la scelta più vicina alla volontà di Dio è quella di preservare - per quanto possibile - da ogni rischio di contagio me stessa, la mia famiglia e altri esseri umani che nemmeno conosco ma ai quali tengo perché sono tutti figli di Dio e da Lui amati?
La risposta è indubbiamente sì.
Questo non significa che la salute fisica del cristiano sia sempre al di sopra di tutto. Proprio no - e lo sappiamo bene! Ma significa che la valutazione va fatta in ogni situazione, in ogni periodo storico e condizione di vita personale, familiare, sociale - e che il Bene (oggettivo) non si attuerà sempre con un'unica scelta, uguale per tutti.  Anzi, ci sono diversi gradi e tipologie di sensibilità negli appartenenti al Popolo di Dio così come anche diversi tipi di spiritualità che si esprimono in azioni diverse, ma di uguale dignità - cooperanti nella Chiesa per il bene di tutti: cattolici e non cattolici, credenti e non credenti della società civile.

Per tornare alla soluzione concreta (una delle soluzioni concrete in tempo di pandemia) 
di cui stavo parlando:
so che accedere alla Comunione anche al di fuori della Messa si può fare, ma so anche che non siamo nell'ambito di procedure ordinarie. Quindi per renderle di "normale amministrazione in tempo di pandemia" presumo che sarebbero necessari decreti della Santa Sede o dei vescovi.
Questa modalità, in questi periodi di alti e bassi pandemici, sarebbe più "protettiva e preventiva" nei confronti dei fedeli e della società tutta (a livello sanitario) e allo stesso tempo si potrebbe dare finalmente l'occasione per un approfondimento del Sacramento, avvicinandosi alla Comunione Eucaristica in modo diverso, coltivando proprio il "cuore a cuore" [cit. Lonardo] con Cristo, come singoli fedeli oppure raggruppati in 3-4 persone che potrebbero entrare in chiesa liberamente (o su appuntamento) per accostarsi al Sacramento... Vedi anche la possibilità di adorazione eucaristica e - non ultima! - la possibilità di sostare in preghiera più a lungo dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo (...usanza ormai dimenticata ed eliminata dalle nostre Messe). 

Inoltre, sempre mia personale opinione, si potrebbe dare la possibilità anche ai fedeli in buona salute - non soltanto agli ammalati - di ricevere in casa, e in sicurezza per tutti (magari previo tampone o con tamponi in autosomministrazione?), la visita di un sacerdote per la Confessione e la Comunione. 

[quest'ultima questione, cioè se era possibile farlo, mi è stata posta di recente da una persona di famiglia - che poteva comunque anche recarsi in chiesa, ma si contrapponevano appunto delle valutazioni importanti sul picco epidemico in corso nella nostra regione e sui familiari impossibilitati a vaccinarsi per seri motivi. E devo dire che io stessa avevo già meditato diverse volte, in generale, sulla buona idea di un sacerdote "in visita su richiesta" nelle case dei cattolici - una possibilità che sicuramente sarebbe apprezzata e utile per tanti fedeli: singoli o famiglie... Non dimentichiamo che una classica "lamentela" dei fedeli degli ultimi decenni è stata la mancanza della visita del parroco a casa propria, almeno per una benedizione a cadenza annuale... E non dimentichiamo che anche prima del Covid, ad esempio per il maggio mariano, alcune famiglie di norma invitavano il parroco in casa (o "al capitello") per celebrare una Messa con un gruppo minuscolo di partecipanti. Perciò, in linea teorica, se in tempi normali un parroco può celebrare in una casa privata con un gruppetto di persone in piena salute... Presumo che non ci siano grossi ostacoli per portare qualche volta allo stesso gruppo la Comunione e/o per amministrare il sacramento della Confessione, in tempi di pandemia.
Lo so, lo so, c'è carenza di vocazioni e quindi di preti, lo so. Per la Comunione si potrebbe risolvere con i ministri straordinari, ma la Confessione richiede il sacerdote].

Continuo il ragionamento e il senso di questa proposta.
Quanto finora detto non andrebbe a sminuire l'importanza della celebrazione della Messa nel luogo consacrato che le è proprio, ma anzi potrebbe e dovrebbe essere l'occasione per la Chiesa Cattolica di consigliare caldamente ad ogni singolo fedele una formazione liturgica (anche eventualmente "a compensazione" e come importante attività di santificazione della festa), fornendo anche i libri più adatti in base al livello culturale della persona, diffondendo dispense apposite, e consigliando il nome di un sacerdote o di un seminarista che qualche volta sia a disposizione al telefono per lo studio personalizzato... 
E in questo modo preparare le persone (che ora non partecipano alla Messa in presenza o che la frequentano raramente) ad una partecipazione sempre più autentica e consapevole... in previsione di quando la pandemia sarà passata.

La formazione liturgica dei fedeli è auspicata e invocata da decenni, ma ancora non si vede niente di abbastanza concreto nelle diocesi e nelle parrocchie 
(lasciando così anche molto campo libero a deviazioni e abusi liturgici / settari di ogni genere, sia ad opera di gruppi ultra-tradizionalisti che ultra-progressisti. Deviazioni sempre in agguato tra il popolo cattolico - che viene influenzato dai suddetti se li incontra e li frequenta per qualche tempo credendo che essi siano "la Chiesa"; deviazioni rese possibili per un solo motivo: l'ignoranza totale del cattolico medio sui temi liturgici - che significa anche ignoranza di Bibbia, Catechismo e di una minima teologia di base. Su questi ultimi temi rimando di nuovo alla Nota di don Andrea Lonardo che consiglia a tutti i cattolici di leggere e consigliare agli altri di leggere).

Riassumendo la questione ed avendo in mente le idee che ho citato, legate all'Eucaristia: 
a mio umile avviso, in tempi difficili, realizzare azioni del genere farebbe sentire la Madre Chiesa più vicina ai suoi figli, oltre che far conoscere la sostanza dei Sacramenti e della Liturgia. Come ho scritto in altro post recente: arrivare anche a praticare e a spiegare lo straordinario per esaltare lo stesso ordinario.

Grazie a don Andrea innanzitutto per la sua Nota che diffondo molto volentieri e poi per avermi fatto ricordare che anch'io da tempo meditavo di scrivere qualcosa in merito, in particolare riguardo all'Eucaristia... Ma non sapevo da che parte cominciare.
La sua Nota mi ha ispirato a scrivere questo post 😇 . 
Per la verità, c'è (come minimo) un altro grande spunto dentro a quella Nota, ma se ora mi metto a scrivere pure su quello... Non la finisco più 😴

Alla prossima! 🌟✨

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