Domenica della Parola di Dio (Terza del Tempo Ordinario) 2022

Domenica della Parola di Dio
Testo dell'omelia di Papa Francesco alla Santa Messa nella Basilica di San Pietro; 
testo dell'Angelus e del discorso dopo l'Angelus in piazza San Pietro; 
informazioni sull'istituzione di questa domenica nella Chiesa Cattolica con la Lettera Apostolica "Aperuit illis".

 Buona lettura e buona domenica 
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Fonte: Santa Sede

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Basilica di San Pietro
III Domenica del Tempo Ordinario

23 gennaio 2022

OMELIA di Papa Francesco


Nella prima Lettura e nel Vangelo troviamo due gesti paralleli: il sacerdote Esdra pone in alto il libro della legge di Dio, lo apre e lo proclama davanti a tutto il popolo; Gesù, nella sinagoga di Nazaret, apre il rotolo della Sacra Scrittura e legge un passo del profeta Isaia davanti a tutti. Sono due scene che ci comunicano una realtà fondamentale: al centro della vita del popolo santo di Dio e del cammino della fede non ci siamo noi, con le nostre parole. Al centro c’è Dio con la sua Parola.

Tutto ha avuto inizio dalla Parola che Dio ci ha rivolto. In Cristo, sua Parola eterna, il Padre «ci ha scelti prima della creazione del mondo» (Ef 1,4). Con la sua Parola ha creato l’universo: «Egli parlò e tutto fu creato» (Sal 33,9). Fin dai tempi antichi ci ha parlato per mezzo dei profeti (cfr Eb 1,1); infine, nella pienezza del tempo (cfr Gal 4,4), ha mandato a noi la sua stessa Parola, il Figlio unigenito. Per questo, terminata la lettura di Isaia, Gesù nel Vangelo annuncia qualcosa di inaudito: «Oggi si è compiuta questa Scrittura» (Lc 4,21). Si è compiuta: la Parola di Dio non è più una promessa, ma si è realizzata. In Gesù si è fatta carne. Per opera dello Spirito Santo è venuta ad abitare in mezzo a noi e vuole dimorare in noi, per colmare le nostre attese e sanare le nostre ferite.

Sorelle e fratelli, teniamo lo sguardo fisso su Gesù, come la gente nella sinagoga di Nazaret (cfr v. 20) – lo guardavano, era uno di loro: quale novità? cosa farà, questo, di cui si parla tanto? – e accogliamo la sua Parola. Meditiamone oggi due aspetti tra loro legati: la Parola svela Dio e la Parola ci porta all’uomo. È al centro: svela Dio e ci porta all’uomo.

Anzitutto la Parola svela Dio. Gesù, all’inizio della sua missione, commentando quel determinato passo del profeta Isaia, annuncia una scelta precisa: è venuto per la liberazione dei poveri e degli oppressi (cfr v. 18). Così, proprio attraverso le Scritture, ci svela il volto di Dio come di Colui che si prende cura della nostra povertà ed ha a cuore il nostro destino. Non è un padrone arroccato nei cieli – quell’immagine di Dio brutta, no, non è così – ma un Padre che segue i nostri passi. Non è un freddo osservatore distaccato e impassibile, un Dio “matematico”. È il Dio-con-noi, che si appassiona alla nostra vita e si coinvolge fino a piangere le nostre lacrime. Non è un dio neutrale e indifferente, ma lo Spirito amante dell’uomo, che ci difende, ci consiglia, prende posizione a nostro favore, si mette in gioco, si compromette con il nostro dolore. Sempre è presente lì. Ecco «il lieto annuncio» (v. 18) che Gesù proclama davanti allo sguardo stupito di tutti: Dio è vicino e si vuole prendere cura di me, di te, di tutti. E questo è il tratto di Dio: vicinanza. Lui stesso si definisce così; dice al popolo, nel Deuteronomio: “Quale popolo ha i suoi dèi vicini a sé, come io sono vicino a te?” (cfr Dt 4,7). Il Dio vicino, con quella vicinanza che è compassionevole e tenera, vuole sollevarti dai pesi che ti schiacciano, vuole riscaldare il freddo dei tuoi inverni, vuole illuminare le tue giornate oscure, vuole sostenere i tuoi passi incerti. E lo fa con la sua Parola, con la quale ti parla per riaccendere la speranza dentro le ceneri delle tue paure, per farti ritrovare la gioia nei labirinti delle tue tristezze, per riempire di speranza l’amarezza delle solitudini. Ti fa andare, ma non in un labirinto: ti fa andare nel cammino, per trovarlo di più, ogni giorno.

Fratelli, sorelle, chiediamoci: portiamo dentro al cuore questa immagine liberante di Dio, il Dio vicino, il Dio compassionevole, il Dio tenero? Oppure lo pensiamo come un giudice rigoroso, un rigido doganiere della nostra vita? La nostra è una fede che genera speranza e gioia o – mi domando, tra noi – è ancora zavorrata dalla paura, una fede paurosa? Quale volto di Dio annunciamo nella Chiesa? Il Salvatore che libera e guarisce o il Dio Temibile che schiaccia sotto i sensi di colpa? Per convertirci al vero Dio, Gesù ci indica da dove partire: dalla Parola. Essa, raccontandoci la storia d’amore di Dio per noi, ci libera dalle paure e dai preconcetti su di Lui, che spengono la gioia della fede. La Parola abbatte i falsi idoli, smaschera le nostre proiezioni, distrugge le rappresentazioni troppo umane di Dio e ci riporta al suo volto vero, alla sua misericordia. La Parola di Dio nutre e rinnova la fede: rimettiamola al centro della preghiera e della vita spirituale! Al centro, la Parola che ci rivela come è Dio. La Parola che ci fa vicini a Dio.

E ora il secondo aspetto: la Parola ci porta all’uomo. Ci porta a Dio e ci porta all’uomo. Proprio quando scopriamo che Dio è amore compassionevole, vinciamo la tentazione di chiuderci in una religiosità sacrale, che si riduce a culto esteriore, che non tocca e non trasforma la vita. Questa è idolatria. Idolatria nascosta, idolatria raffinata, ma è idolatria. La Parola ci spinge fuori da noi stessi per metterci in cammino incontro ai fratelli con la sola forza mite dell’amore liberante di Dio. Nella sinagoga di Nazaret Gesù ci rivela proprio questo: Egli è inviato per andare incontro ai poveri – che siamo tutti noi – e liberarli. Non è venuto a consegnare un elenco di norme o ad officiare qualche cerimonia religiosa, ma è sceso sulle strade del mondo a incontrare l’umanità ferita, ad accarezzare i volti scavati dalla sofferenza, a risanare i cuori affranti, a liberarci dalle catene che ci imprigionano l’anima. In questo modo ci rivela qual è il culto più gradito a Dio: prendersi cura del prossimo. E dobbiamo tornare su questo. Nel momento in cui nella Chiesa ci sono le tentazioni della rigidità, che è una perversione, e si crede che trovare Dio è diventare più rigidi, più rigidi, con più norme, le cose giuste, le cose chiare… Non è così. Quando noi vedremo proposte di rigidità, pensiamo subito: questo è un idolo, non è Dio. Il nostro Dio non è così.

Sorelle e fratelli, la Parola di Dio ci cambia – la rigidità non ci cambia, ci nasconde –; la Parola di Dio ci cambia penetrando nell’anima come una spada (cfr Eb 4,12). Perché, se da una parte consola, svelandoci il volto di Dio, dall’altra provoca e scuote, riportandoci alle nostre contraddizioni. Ci mette in crisi. Non ci lascia tranquilli, se a pagare il prezzo di questa tranquillità è un mondo lacerato dall’ingiustizia e dalla fame, e a farne le spese sono sempre i più deboli. Sempre pagano i più deboli. La Parola mette in crisi quelle nostre giustificazioni che fanno dipendere ciò che non va sempre da altro e dagli altri. Quanto dolore sentiamo nel vedere i nostri fratelli e sorelle morire sul mare perché non li lasciano sbarcare! E questo, alcuni lo fanno in nome di Dio. La Parola di Dio ci invita a uscire allo scoperto, a non nasconderci dietro la complessità dei problemi, dietro il “non c’è niente da fare”, “è un problema loro”, “è un problema suo”, o il “che cosa posso farci io?”, “lasciamoli lì”. Ci esorta ad agire, a unire il culto di Dio e la cura dell’uomo. Perché la sacra Scrittura non ci è stata data per intrattenerci, per coccolarci in una spiritualità angelica, ma per uscire incontro agli altri e accostarci alle loro ferite. Ho parlato della rigidità, di quel pelagianesimo moderno, che è una delle tentazioni della Chiesa. E quest’altra, cercare una spiritualità angelica, è un po’ l’altra tentazione di oggi: i movimenti spirituali gnostici, lo gnosticismo, che ti propone una Parola di Dio che ti mette “in orbita” e non ti fa toccare la realtà. La Parola che si è fatta carne (cfr Gv 1,14) vuole diventare carne in noi. Non ci astrae dalla vita, ma ci immette nella vita, nelle situazioni di tutti i giorni, nell’ascolto delle sofferenze dei fratelli, del grido dei poveri, delle violenze e delle ingiustizie che feriscono la società e il pianeta, per non essere cristiani indifferenti, ma operosi, cristiani creativi, cristiani profetici.

«Oggi – dice Gesù – si è compiuta questa Scrittura» (Lc 4,21). La Parola vuole prendere carne oggi, nel tempo che viviamo, non in un futuro ideale. Una mistica francese del secolo scorso, che ha scelto di vivere il Vangelo nelle periferie, ha scritto che la Parola del Signore non è «“lettera morta”: essa è spirito e vita. […] L’acustica che la Parola del Signore esige da noi è il nostro “oggi”: le circostanze della nostra vita quotidiana e le necessità del nostro prossimo» (M. Delbrêl, La gioia di credere, Gribaudi, Milano 1994, 258). Chiediamoci allora: vogliamo imitare Gesù, diventare ministri di liberazione e di consolazione per gli altri, attuare la Parola? Siamo una Chiesa docile alla Parola? Una Chiesa portata all’ascolto degli altri, impegnata a tendere la mano per sollevare i fratelli e le sorelle da ciò che li opprime, per sciogliere i nodi delle paure, liberare i più fragili dalle prigioni della povertà, della stanchezza interiore e dalla tristezza che spegne la vita? Vogliamo questo?

In questa celebrazione alcuni nostri fratelli e sorelle vengono istituiti lettori e catechisti. Sono chiamati al compito importante di servire il Vangelo di Gesù, di annunciarlo affinché la sua consolazione, la sua gioia e la sua liberazione raggiungano tutti. Questa è anche la missione di ciascuno di noi: essere annunciatori credibili, profeti della Parola nel mondo. Perciò, appassioniamoci alla Sacra Scrittura, lasciamoci scavare dentro dalla Parola, che svela la novità di Dio e porta ad amare gli altri senza stancarsi. Rimettiamo la Parola di Dio al centro della pastorale e della vita della Chiesa! Così saremo liberati da ogni pelagianesimo rigido, da ogni rigidità, e saremo liberati dall’illusione di spiritualità che ti mettono “in orbita” senza avere cura dei fratelli e delle sorelle. Rimettiamo la Parola di Dio al centro della pastorale e della vita della Chiesa. Ascoltiamola, preghiamola, mettiamola in pratica.






Angelus di Papa Francesco e discorso dopo l'Angelus

Fonte: Santa Sede

ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica 
23 gennaio 2022


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo della Liturgia odierna vediamo Gesù che inaugura la sua predicazione (cfr Lc 4,14-21): è la prima predica di Gesù. Si reca a Nazaret, dove è cresciuto, e partecipa alla preghiera nella sinagoga. Si alza a leggere e, nel rotolo del profeta Isaia, trova il passo riguardante il Messia, che proclama un messaggio di consolazione e liberazione per i poveri e gli oppressi (cfr Is 61,1-2). Finita la lettura, «gli occhi di tutti erano fissi su di lui» (v. 20). E Gesù esordisce dicendo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura» (v. 21). Soffermiamoci su questo oggi. È la prima parola della predicazione di Gesù riportata dal Vangelo di Luca. Pronunciata dal Signore, indica un “oggi” che attraversa ogni epoca e rimane sempre valido. La Parola di Dio sempre è “oggi”. Incomincia un “oggi”: quando tu leggi la Parola di Dio, nella tua anima incomincia un “oggi”, se tu la intendi bene. Oggi. La profezia di Isaia risaliva a secoli prima, ma Gesù, «con la potenza dello Spirito» (v. 14), la rende attuale e, soprattutto, la porta a compimento e indica il modo di ricevere la Parola di Dio: oggi. Non come una storia antica, no: oggi. Oggi parla al tuo cuore.

I compaesani di Gesù sono colpiti dalla sua parola. Anche se, annebbiati dai pregiudizi, non gli credono, si accorgono che il suo insegnamento è diverso da quello degli altri maestri (cfr v. 22): intuiscono che in Gesù c’è di più. Che cosa? C’è l’unzione dello Spirito Santo. A volte, capita che le nostre prediche e i nostri insegnamenti rimangono generici, astratti, non toccano l’anima e la vita della gente. E perché? Perché mancano della forza di questo oggi, quello che Gesù “riempie di senso” con la potenza dello Spirito è l’oggi. Oggi ti sta parlando. Sì, a volte si ascoltano conferenze impeccabili, discorsi ben costruiti, che però non smuovono il cuore e così tutto resta come prima. Anche tante omelia – lo dico con rispetto ma con dolore – sono astratte, e invece di svegliare l’anima l’addormentano. Quando i fedeli incominciano a guardare l’orologio – “quando finirà questo?” – addormentano l’anima. La predicazione corre questo rischio: senza l’unzione dello Spirito impoverisce la Parola di Dio, scade nel moralismo o in concetti astratti; presenta il Vangelo con distacco, come se fosse fuori dal tempo, lontano dalla realtà. E questa non è la strada. Ma una parola in cui non pulsa la forza dell’oggi non è degna di Gesù e non aiuta la vita della gente. Per questo chi predica, per favore, è il primo a dover sperimentare l’oggi di Gesù, così da poterlo comunicare nell’oggi degli altri. E se vuole fare lezioni, conferenze, che lo faccia, ma da un’altra parte, non al momento dell’omelia, dove deve dare la Parola così che scuota i cuori.

Cari fratelli e sorelle, in questa Domenica della Parola di Dio vorrei ringraziare i predicatori e gli annunciatori del Vangelo che rimangono fedeli alla Parola che scuote il cuore, che rimangono fedeli all’“oggi”. Preghiamo per loro, perché vivano l’oggi di Gesù, la dolce forza del suo Spirito che rende la Scrittura viva. La Parola di Dio, infatti, è viva ed efficace (cfr Eb 4,12), ci cambia, entra nelle nostre vicende, illumina il nostro quotidiano, consola e mette ordine. Ricordiamoci: la Parola di Dio trasforma una giornata qualsiasi nell’oggi in cui Dio ci parla. Allora, prendiamo in mano il Vangelo, ogni giorno un piccolo brano da leggere e rileggere. Portate in tasca il Vangelo o nella borsa, per leggerlo nel viaggio, in qualsiasi momento, e leggerlo con calma. Con il tempo scopriremo che quelle parole sono fatte apposta per noi, per la nostra vita. Ci aiuteranno ad accogliere ogni giornata con uno sguardo migliore, più sereno, perché, quando il Vangelo entra nell’oggi, lo riempie di Dio. Vorrei farvi una proposta. Nelle domeniche di quest’anno liturgico viene proclamato il Vangelo di Luca, il Vangelo della misericordia. Perché non leggerlo anche personalmente, tutto quanto, un piccolo passo ogni giorno? Un piccolo passo. Familiarizziamo col Vangelo, ci porterà la novità e la gioia di Dio!

La Parola di Dio è anche il faro che guida il percorso sinodale avviato in tutta la Chiesa. Mentre ci impegniamo ad ascoltarci a vicenda, con attenzione e discernimento – perché non è fare un’inchiesta di opinioni, no, ma discernere la Parola, lì –, ascoltiamo insieme la Parola di Dio e lo Spirito Santo. E la Madonna ci ottenga la costanza per nutrirci ogni giorno del Vangelo.

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Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

ieri a San Salvador sono stati beatificati il sacerdote gesuita Rutilio Grande García e due compagni laici, e il sacerdote francescano Cosme Spessotto, martiri della fede. Essi sono stati al fianco dei poveri testimoniando il Vangelo, la verità e la giustizia fino all’effusione del sangue. Il loro eroico esempio susciti in tutti il desiderio di essere coraggiosi operatori di fraternità e di pace. Un applauso ai nuovi beati!

Seguo con preoccupazione l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel Continente europeo, con ripercussioni ancora più vaste. Faccio un accorato appello a tutte le persone di buona volontà, perché elevino preghiere a Dio onnipotente, affinché ogni azione e iniziativa politica sia al servizio della fratellanza umana, più che di interessi di parte. Chi persegue i propri scopi a danno degli altri, disprezza la propria vocazione di uomo, perché tutti siamo stati creati fratelli. Per questo e con preoccupazione, viste le tensioni attuali, propongo che mercoledì prossimo 26 gennaio sia una giornata di preghiera per la pace.

Nel contesto della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, ho accolto la proposta giunta da più parti e ho proclamato Sant’Ireneo di Lione Dottore della Chiesa Universale. La dottrina di questo Santo pastore e maestro è come un ponte fra Oriente e Occidente: per questo lo indichiamo come Dottore dell’UnitàDoctor Unitatis. Il Signore ci conceda, per sua intercessione, di lavorare tutti insieme per la piena unità dei cristiani.

Ed ora rivolgo il mio saluto a tutti voi, cari fedeli di Roma e pellegrini venuti dall’Italia e da altri Paesi. Saluto in particolare la famiglia spirituale dei Servi della sofferenza e gli Scout Agesci del Lazio. E vedo anche che c’è un gruppo di connazionali: saluto gli argentini qui presenti. E anche i ragazzi dell’Immacolata.

Auguro a tutti una buona domenica. E per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.


Papa Francesco

23 gennaio 2022




"Non una volta all'anno, ma una volta per tutto l'anno"

Lettera Apostolica in forma di Motu proprio con la quale è stata istituita ufficialmente la Domenica della Parola nella Chiesa Cattolica.

[Nota. Precedentemente c'erano nella Chiesa varie iniziative locali non coordinate tra loro e c'erano i "festival biblici" organizzati da alcuni gruppi, grandi e piccoli, ma anche questi non sempre collegati tra loro. Con questa decisione Papa Francesco - per i motivi descritti nella Lettera - istituisce una giornata ufficiale che collega e riunisce tutti i cattolici]

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