Tempo di calendari. E di domande sui calendari. Avanti Cristo e Dopo Cristo: l'invenzione dell'èra cristiana. Chi era e che cosa fece il monaco Dionigi il Piccolo?
Però, magari, chi studia storia seriamente (per professione o per passione) saprà benissimo che 4-7 anni di "scarto" su una data antica non sono affatto "cosa grave" rispetto alla quantità e alla qualità di tanti altri errori (o meglio: larghe approssimazioni) di datazioni che sono entrate nei nostri libri di storia come date "precise" (laddove persistono invece più dubbi che certezze). Senza contare che lungo i secoli e i millenni ci sono state anche delle vere e proprie "riforme strutturali", più o meno arbitrarie, su svariati calendari in svariate parti del mondo. (Il che è un problema noto a chi fa ricerca storica per certe epoche in particolare, problema col quale fare i conti, letteralmente!, ogni giorno).
A fronte di questo, nell'economia globale del discorso, l'errore - probabilmente pure giustificato - del monaco Dionigi è un elemento abbastanza trascurabile.
Quindi... Cominciamo da una sana informazione sui fatti fondamentali, fornita da studiosi competenti in materia.
Poi, a criticare e a confutare con altri studiosi nel merito di dettagli secondari, si è sempre in tempo. L'importante è studiare con serietà ed onestà.
I grandi pregi dell'articolo che propongo oggi?
È semplice, breve, molto informativo, interessante, mai noioso. Insomma: ottimo per la lettura in internet. E per memorizzare qualche buon punto fermo di cultura personale.
Si tratta di un articolo del prof. Giancarlo Biguzzi, pubblicato nel 2000 sulla rivista cartacea Egeria e ripreso nel 2007 per una ri-pubblicazione online dal Centro Culturale Gli Scritti (vedi link alla fine).
Il titolo originale dell’articolo era: "L’anno 2000 fu inventato da un monaco" - titolazione adatta al momento in cui è stato scritto, visti tutti i festeggiamenti in corso per l'entrata nel Terzo Millennio.
L'argomento trattato nel testo però è ben più vasto e interessante.
Autore: prof. Giancarlo Biguzzi.
Pubblicazione cartacea: rivista Egeria, 2000.
Pubblicazione online: Centro Culturale Gli Scritti, 2007.
Nuovo titolo: mio, ispirato da quello del sito Gli Scritti.
[Nota: resto a disposizione degli aventi diritto per l'eventuale rimozione dell'articolo dal mio blog, qualora non fosse gradita questa mia ulteriore ri-pubblicazione]
e Dopo Cristo: l'invenzione
dell'éra cristiana
Il pio monaco perfettamente bilingue
La sua patria era la Scizia (Scytia Minor, o Dobrugia, nell’attuale Romania meridionale) che fin dai tempi di Eschilo, di Plutarco e dell’apostolo Paolo ha però avuto cattiva fama.
Nonostante la notevole romanizzazione, la Scizia era molto vicina a Bisanzio e questo spiega come mai Dionigi conoscesse il greco alla perfezione. Dalla Scizia poi Dionigi era venuto a Roma intorno al 495 d.C. e, pur restando un levantino, fu poi «del tutto romano nei costumi» – dice ancora Cassiodoro. Gli storici anzi gli riconoscono il merito di avere fatto da ponte tra mondo ecclesiastico orientale e mondo ecclesiastico romano-occidentale con la sua traduzione in latino di autori greci, con l’adozione di calcoli orientali per la data della Pasqua e con la raccolta di canoni (= leggi) dei concili e dei sinodi bizantini, che integrò poi con le decretali dei papi da Siricio (morto nel 399) ad Anastasio II (morto nel 523).
Del suo giovane amico, Cassiodoro fa un ritratto non poco oleografico dicendo che Dionigi univa la semplicità alla cultura, la dottrina all’umiltà, e alla sobrietà l’eloquenza. Cassiodoro dice poi che Dionigi conosceva le Scritture così bene da saper rispondere su due piedi a qualsiasi domanda al riguardo, e dice che, pur essendosi consacrato a Dio senza riserve, non si sottraeva a nessun incontro e a nessun ambiente. Sobrio a mensa e anzi fervoroso digiunatore, volentieri prendeva parte ai banchetti per aver modo di parlare dei beni spirituali; di castità irreprensibile, aveva quotidiano contatto con il mondo femminile, e, mite di animo, si lasciava agitare dai problemi dei contemporanei. Era poi portato a equilibrare col proprio pianto il riso garrulo degli altri e, mettendosi al di sotto dei servi più umili, si definiva “exiguus”, lui che era in grado di avere i re come interlocutori. Fin qui Cassiodoro circa Dionigi (Patrologia Latina 73, 223-224). Ma ora veniamo al punto.
L’incarico di computare la data della Pasqua
Nell’anno 525 Dionigi fu richiesto da Bonifacio, il notaio primicerio della corte papale di Giovanni I, di interessarsi della data della Pasqua il cui calcolo contrapponeva chiese orientali e occidentali fin dal terzo secolo. Nel corso del sec. IV, per esempio, le chiese occidentali avevano celebrato la Pasqua in data diversa dalle chiese orientali almeno per sette volte. Tutto dipendeva dal fatto che la Pasqua è legata all’anno lunare, più breve rispetto a quello solare di 11 giorni e sei ore circa, per cui i giorni mancanti al ciclo della luna devono essere raccolti in un mese supplementare (o “embolismico”) secondo periodi che sono appunto difficili da definire.
Alla richiesta pontificia, Dionigi si mise all’opera e, da buon levantino che era, diede ragione a Cirillo d’Alessandria continuandone il calcolo dal 532 (anno cui si sarebbe arrestata la tabella pasquale alessandrina) fino al 626, fornendo per altri 95 la data pasquale anno per anno. Poi si sarebbe dovuto ricominciare per un ciclo del tutto analogo.
Partire da Gesù Cristo e non da Diocleziano
Nell’esporre al notaio primicerio i risultati della consulenza che gli era stata chiesta, Dionigi scrive di aver colto l’occasione per introdurre un’innovazione. Dice di avere preso come punto di partenza per la sequenza degli anni non più l’ascesa al soglio imperiale di Diocleziano, come continuava a fare Cirillo di Alessandria cui si era ispirato. Dopotutto, Diocleziano non era neanche un imperatore ma un tiranno, e non aveva le carte in regola per essere metro di misura per gli anni e per i secoli. Era molto più giusto e molto più significativo cominciare da Gesù Cristo, il redentore del genere umano.
L’èra dioclezianea era stata introdotta da computisti greci o più probabilmente egizi. Partiva dal nostro anno 284 d.C., l’anno in cui Diocleziano era stato acclamato imperatore dalle truppe a Nicomedia di Bitinia. I cristiani avevano bensì accettato di contare gli anni a partire da Diocleziano, anche se egli nel 303 aveva scatenato contro di loro l’ultima, durissima persecuzione dell’impero, ma preferivano parlare di “èra dei martiri” più che di “èra di Diocleziano”.
Quel testo, di cui non c’è pericolo di sopravvalutare l’importanza, merita di essere riferito. Esso dice così:
«San Cirillo fece cominciare il suo ciclo dall’anno 153mo di Diocleziano e lo fece terminare nell’anno 247mo. Noi invece, pur incominciando dall’anno 248mo dello stesso tiranno –piuttosto che principe–, non abbiamo voluto collegare i nostri calcoli alla memoria di un uomo empio e persecutore. Abbiamo scelto invece di contrassegnare la successione degli anni a partire dall’incarnazione di Gesù Cristo nostro Signore, affinché fosse a noi più evidente l’esordio della nostra speranza e affinché risplendesse la sorgente dell’umano riscatto, e cioè la passione del Redentore».
L’invenzione dell’èra cristiana come la scoperta dell’America
Il conto degli anni a partire dal Cristo entrò poco a poco nell’uso per la pubblicità fatta a Dionigi dall’autorevole Cassiodoro (che morì a Vivarium più che novantenne nel 580), e per il decisivo consenso di Beda detto il Venerabile (morto nel 735), un altro uomo coltissimo, monaco a Jarrow, in Inghilterra. L’èra cristiana si impose dapprima fra gli anglosassoni per merito appunto di Beda, poi in Francia (secolo VIII), poi in Germania (secolo IX), poi fu fatta propria dai papi (secolo X), e diventò pressoché universale nel secolo XVII.
Come è noto, nei suoi calcoli Dionigi commise un errore di almeno 4 anni identificando l’anno della nascita di Gesù con l’anno 753 dalla fondazione di Roma. L’errore di Dionigi è vivo ancora oggi, ma non è l’errore e non è la sua correzione quello che conta[vedi Nota 1]. L’impareggiabile merito del monaco scita è infatti quello di avere imposto una diversa divisione della storia che prevedibilmente persisterà a tempi indefiniti. È a lui che in definitiva dobbiamo le diciture «avanti Cristo» e «dopo Cristo» le quali, con poco sforzo e con molta efficacia, ci permettono di fare del Cristo il centro della storia e il suo spartiacque.
A Dionigi, che voleva semplicemente regolare la questione pasquale, capitò dunque di fare molto di più. In questo potrebbe essere paragonato a Cristoforo Colombo che cercava le Indie, e trovò l’America.
Se tutti conteggiamo gli anni, i secoli e i millenni come Dionigi ha per primo avuto l’idea di fare, è lui l’inventore dell’anno 2000, ed è grande anche se, per la sua umiltà, è voluto passare alla storia come “il piccolo”.
2000, su rivista Eteria
Note al testo:
[1] Per un tentativo di prosciogliere Dionigi da errori di calcolo
Fonte online:
https://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/biguzzi150907.htm
1941 - 2016
Curriculum di studi, insegnamento e pubblicazioni
https://www.biblico.it/professori/biguzzi.html
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