Per un inizio d'Avvento "tosto": le domande fondamentali sull'uomo

Domani 28 novembre 2021 è la prima domenica d'Avvento.
Quale momento più propizio per leggere un testo (in realtà fu un discorso fatto a voce) sulle principali domande intorno all'essere umano?
Quale momento più propizio per farsi le domande sull'uomo in relazione a Dio? 
E chi non è credente cattolico oppure in generale non credente in Dio Creatore dell'Universo: quale domanda deve farsi sull'uomo?
Suggerisco al lettore/lettrice di affrontare subito il testo, senza altre informazioni...
(nel senso che consiglio di non "scorrere giù" sullo schermo per scoprire l'anno e l'autore. Scopritelo alla fine della lettura 😇 . 
Nel frattempo entrate direttamente nel discorso e nelle questioni che vengono proposte).

Buon Avvento 💙




[Neretto scelto da me per facilitare la lettura]

"Gli avvenimenti che si succedono nel nostro tempo, le correnti di idee che informano la mentalità moderna, i movimenti politici e sociali che agitano il nostro mondo, i temi che oggi maggiormente interessano il campo religioso sia cattolico, sia estraneo alla Chiesa, convergono tutti, per vie diverse, verso una questione centrale, dominante la coscienza del pensiero contemporaneo, ed è quella sull’uomo. 
«Credenti e non credenti sono quasi concordi nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo, come a suo centro e a suo vertice» (Gaudium et spes, n. 12). 
Ancora ci si domanda chi è l’uomo. Ancora si osserva che all’incontro su questo problema centrale non ci si trova d’accordo, non ci si comprende, ci si scontra o almeno ci si confronta; e il confronto diventa una gara, in un doppio senso; 
il primo senso è quello della verità: qual è la verità dell’uomo? Chi ha ragione? 
Il secondo è quello della grandezza: chi oggi ha un concetto maggiore dell’uomo? Più completo nell’analisi delle sue componenti umane, più comprensivo delle sue esigenze moderne, più adeguato alle sue manifestazioni reali e storiche nel tempo nostro? Verità dell’uomo, grandezza dell’uomo formano i due capitoli dell’umanesimo, che commisura le sue differenti e contrastanti espressioni. L’uomo ancora vuole conoscersi, si guarda allo specchio della sua esperienza vissuta o della sua riflessione speculativa; e classifica se stesso secondo la figura, o la misura che questa inevitabile indagine gli ha prospettata: si parla di animalis homo (cfr. 2 Cor. 2, 14) di spiritualis, (ibid. l5), di homo faber, di homo oeconomicus, di homo sapiens; e così via. Ma soprattutto si parla del valore da attribuire all’uomo, nell’ambito delle cose esistenti, e si conclude per riconoscergli un primato, che presso i negatori di Dio diventa assoluto: l’uomo è tutto, si dice; senza pensare alla tragica irrisione d’una tale qualifica, attribuita ad un essere, che non è causa, né fine di sé stesso, e che è soggetto a limiti, a debolezza, a infermità e a caducità inesorabili. Se non è tutto, aggiungono gli adoratori dell’uomo, egli è tuttavia sommo; oltre l’uomo non si va; infatti, così è, in certo senso, ma spesso non si riflette donde l’uomo tragga i titoli autentici di tale eccelsa prerogativa, e come perciò debba essere valutata."

"È una questione immensa, la cui discussione continua sempre; questione antica e sempre nuova. 
La Chiesa non la rifiuta; anzi l’affronta oggi con rinnovato vigore e con approfondita sapienza."

"A noi basta, in questo minuto di meditazione, considerarci alunni del Concilio, e ricordarne una parola orientatrice: 
«L’aspetto più sublime della dignità umana consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio» (Gaudium et spes, n. 19); parola che sembra ripetere quella famosa di S. Agostino, nel primo capitolo delle Confessioni: «Tu (o Dio) ci hai fatti per Te; e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in Te». 
E, tralasciando ora ogni considerazione circa la dottrina di merito sull’uomo, possiamo fermarci ad un brevissimo accenno su i due aspetti maggiormente interessanti l’attenzione della mentalità moderna circa l’uomo: l’aspetto individuale e l’aspetto sociale."

"Tanto sul primo, che sul secondo aspetto, la valutazione che la Chiesa fa dell’uomo, specialmente nei Documenti conciliari, è d’incomparabile grandezza. 
Nessuna antropologia eguaglia quella della Chiesa sulla persona umana, anche singolarmente considerata, circa la sua originalità, la sua dignità, la intangibilità e la ricchezza dei suoi diritti fondamentali, la sua sacralità, la sua educabilità, la sua aspirazione ad uno sviluppo completo, la sua immortalità, ecc.
Si potrebbe mettere insieme un codice dei diritti che la Chiesa riconosce all’uomo in quanto tale, e sarà sempre difficile definire l’ampiezza di quelli che derivano all’uomo a causa della sua elevazione all’ordine soprannaturale, mediante la sua inserzione in Cristo. 
San Paolo ha rivelazioni meravigliose circa questa rigenerazione d’ogni singolo cristiano assunto allo stato di grazia, vivificato dallo Spirito di Cristo."

"Due capitoli dovranno essere particolarmente cari all’umanesimo moderno in riferimento a questa esaltazione della persona umana, operata dalla Chiesa, con la sua dottrina e con i suoi carismi: la coscienza e la libertà. 
Sono capitoli fondamentali, sui quali il Concilio insiste in modo particolare e molto autorevole; sono molto delicati per la difficoltà, che il verbalismo corrente e la superficialità a molti abituale creano alla formazione di un esatto concetto sia della coscienza, che della libertà, ed ancor più al retto uso dell’una e dell’altra; meriterebbero uno studio accurato; ma sta il fatto che la Chiesa rivendica all’uomo, nel senso più alto, ch’è anche il più esatto, coscienza e libertà, e gli conferisce così una statura quale conviene ad un essere che si definisce, sì, una creatura, ma fatta a immagine di Dio Creatore e che è elevato nell’ineffabile amore della rigenerazione cristiana al grado di figlio e di partecipe della natura divina (cfr. 2 Petr. 1, 4)."

"Nello stesso tempo l’affermazione che «ogni uomo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana» (Gaudium et spes, n. 61) si integra con quella circa la natura sociale dell’uomo (ib., n. 12); donde consegue che «dall’indole sociale dell’uomo appare come il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società siano tra loro interdipendenti» (ib., n. 2.5); 
verità questa che ha la sua piena esplicazione nel disegno della salvezza; l’uomo non si salva da solo; unito a Cristo entra nella comunione dei fedeli che formano il suo Corpo mistico; la Chiesa gli è necessaria; ed il rapporto vitale e intimo ch’egli ottiene di stabilire con Dio si esplica e si sviluppa nella carità verso i fratelli (cfr. 1 Io. 4, 20), che sono, in linea di principio, tutti gli uomini senza discriminazione, e, in pratica, sono coloro che entrano nella definizione di prossimo, illustrata da Cristo stesso nella celebre parabola del buon Samaritano; e sono coloro che partecipano alla piena comunione con Gesù medesimo (cfr. 1 Cor. 10, 17), e sono comandati, quasi per avere segno di autenticità cristiana, di amarsi gli uni gli altri (Io. 13, 35), e di essere tutti uno (Io. 17, 21)."

"Nessuna scuola sociale arriva a tanto. Il senso e il dovere comunitario raggiungono un livello superiore nella vita cristiana compresa e praticata, e danno origine, anche sul piano naturale e temporale, ad una socialità sempre progressiva verso il rispetto, la concordia, la collaborazione, la pace fra gli uomini. 
Il cristiano, senza nulla perdere della sua pienezza personale, anzi per possederla e per svilupparla, si trova inserito in un ordine comunitario, che deve egli stesso accettare e promuovere, rivolto anch’esso verso una pienezza unitaria e sociale, che solo la Legge e la Grazia di Cristo possono offrire all’uomo, non come utopia, ma come realtà; non come soppressione della propria personalità, ma come dilatazione ed esaltazione di essa, in quel supremo disegno divino, che chiamiamo la Comunione dei Santi."

"Noi pensiamo che tutto questo sia vero, che sia bello, che sia importante specialmente ai nostri giorni, nei quali l’enorme sviluppo stesso della civiltà soffoca la personalità umana e genera strutture sociali, che la così detta contestazione denuncia come intollerabili."

"Ringraziamo il Signore che ci ha chiamati nel suo piano di salvezza, nella sua Chiesa, in cui l’uomo, che ciascuno di noi è, trova un duplice destino di personalità e di socialità incomparabili e insieme armonizzate, e che costituiscono la nostra vocazione alla perfezione, faticosa e progressiva nel tempo, per essere un giorno, il giorno dell’eternità, completa e felice nel Signore."

"Così pensiamo, così operiamo, così speriamo tutti, con la Nostra Benedizione Apostolica."

Paolo VI
Mercoledì, 4 settembre 1968
Udienza Generale

Fonte:
https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/audiences/1968/documents/hf_p-vi_aud_19680904.html




Commenti