L'inizio del Tempo Sacro...

"Il sabato è stato fatto 
per l'uomo 
e non l'uomo per il sabato"
Marco 2,27

"I nostri Saggi chiamano lo Shabbàth yesod haemunà, il vero fondamento della nostra fede. Non è un'esagerazione.
(...)
"Lavorerai per sei giorni e farai ogni tua opera". Il fondamento dello Shabbàth è, pertanto, opera faticosa, nobilitata dal Comandamento di Dio. Il lavoro non degrada: è santo diritto naturale di ogni uomo.
(...)
La tradizione ebraica ci dice che Adamo si rassegnò al suo destino solo nel momento in cui gli fu detto che avrebbe dovuto lavorare. Il lavoro è la prerogativa dell'uomo nato libero e fornito di genio creativo.
"Il lavoro è una grande cosa", dicono i nostri Saggi, "perchè onora chi lo fa".
Il lavoro non è tutto, però.
Il lavoro può rendere liberi, ma si può anche esserne schiavi.
È detto nel Talmud che quando Dio creò il cielo e la terra, essi continuarono a girare senza posa come due rocchetti di filo, sino a quando il Creatore ordinò: "Basta".
L'attività creativa di Dio fu
seguita dallo Shabbàth,
allorché deliberatamente Egli cessò la Sua opera creatrice. Questo fatto, più di ogni altra cosa, ci presenta Dio come libero creatore, che liberamente controlla e limita la creazione da Lui attuata secondo la Sua volontà. Non è quindi il lavoro, ma la cessazione del lavoro che Dio scelse come segno della Sua libera creazione del mondo. L'ebreo, cessando il suo lavoro ogni Shabbàth, nel modo prescritto dalla Torà, rende testimonianza della potenza creatrice di Dio. E, inoltre, rende manifesta la vera grandezza dell'uomo. Le stelle e i pianeti, una volta iniziato il loro moto rotatorio che durerà in eterno, continuano a girare ciecamente, senza interruzione, mossi dalla legge naturale di causa ed effetto. L'uomo invece può, con un atto di fede, porre un limite al suo lavoro, affinché non degeneri in una fatica senza senso. Osservando lo Shabbàth, l'ebreo diviene, come dissero i nostri Saggi, domè leyotzerò, simile a Dio stesso. Similmente a Dio, egli è padrone del suo lavoro, non schiavo di esso.
(...)
È proprio qui che lo Shabbàth ci viene in soccorso;
(...)
Si può riconoscere la verità fondamentale che è Dio ad aver creato il mondo; ma che cosa significa questo per l'uomo comune? Molto poco. Ma qui, come sempre, la Torà non si accontenta di pura teoria: la Torà si interessa delle azioni, delle conseguenze pratiche.
(...)
Le norme, uniche nel loro genere, della legge dello Shabbàth servono a tenere sempre presente questa considerazione molto pratica: che ci viene impedito in questo giorno di esercitare la nostra caratteristica potenza umana di produrre e creare nel mondo della materia. Con questa inattività noi deponiamo tale potenza ai piedi di Dio che ce l'ha data.
(...)
In realtà, tutte le settimane lo Shabbàth ci dice quello che Dio disse al primo essere umano: "Ti ho messo in questo mondo che appartiene a Me. Tutto quello che ho creato è per te. Stai attento a non corrompere né distruggere il Mio mondo".
(...)
Vi è la gioia di essere liberati dalla schiavitù delle pressanti esigenze della vita quotidiana.
(...)
la gradevole compagnia della famiglia e degli amici, il piacere del buon cibo, i canti che si intonano a tavola in lode a Dio e allo Shabbàth si fondono a costituire un'esperienza unica.
In quest'atmosfera di Shabbàth è facile sentire la vicinanza di Dio e affrontare la vita senza preoccupazioni e rincrescimenti, fiduciosi che Egli abbia cura di noi.
(...)
Le benedizioni dello Shabbàth non riguardano solo la vita dell'individuo. Dopo aver aiutato l'ebreo a trovare se stesso, lo Shabbàth lo aiuta a trovare il suo prossimo."

Isidor Grunfeld, Lo Shabbàth - Guida alla comprensione e all'osservanza del Sabato, Giuntina, terza edizione 2008
pagg. 17-21
[prima edizione 1954;
prima pubblicazione italiana 1968 in edizione privata]

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Dalla Lettera Apostolica Dies Domini di Giovanni Paolo II:

"Nell'esperienza cristiana, la domenica è prima di tutto una festa pasquale, totalmente illuminata dalla gloria del Cristo risorto.
È la celebrazione della « nuova creazione ».
Ma proprio questo suo carattere, se compreso in profondità, appare inscindibile dal messaggio che la Scrittura, fin dalle prime sue pagine, ci offre sul disegno di Dio nella creazione del mondo.
(...)
Già nel mattino della creazione, quindi, il progetto di Dio implicava questo « compito cosmico » di Cristo. Questa prospettiva cristocentrica, proiettata su tutto l'arco del tempo, era presente nello sguardo compiaciuto di Dio quando, cessando da ogni suo lavoro, « benedisse il settimo giorno e lo santificò » (Gn 2, 3).
(...)
È necessario pertanto rileggere la grande pagina della creazione e approfondire la teologia del « sabato », per introdursi alla piena comprensione della domenica.
(...)
Uscito com'è dalle mani di Dio, il cosmo porta l'impronta della sua bontà. È un mondo bello, degno di essere ammirato e goduto, ma destinato anche ad essere coltivato e sviluppato. Il « completamento » dell'opera di Dio apre il mondo al lavoro dell'uomo. « Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto » (Gn 2, 2). Attraverso questa evocazione antropomorfica del « lavoro » divino, la Bibbia non soltanto ci apre uno spiraglio sul misterioso rapporto tra il Creatore e il mondo creato, ma proietta luce anche sul compito che l'uomo ha verso il cosmo.
Il « lavoro » di Dio è in qualche modo esemplare per l'uomo.
Questi infatti non è solo chiamato ad abitare, ma anche a « costruire » il mondo, facendosi così « collaboratore » di Dio.
I primi capitoli della Genesi, come scrivevo nell'Enciclica Laborem exercens, costituiscono in certo senso il primo « vangelo del lavoro ».
È una verità sottolineata anche dal Concilio Vaticano II: « L'uomo, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose, in modo che, nella subordinazione di tutte le realtà all'uomo sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra ».

La vicenda esaltante dello sviluppo della scienza, della tecnica, della cultura nelle loro varie espressioni — sviluppo sempre più rapido, ed oggi addirittura vertiginoso — è il frutto, nella storia del mondo, della missione con la quale Dio ha affidato all'uomo e alla donna il compito e la responsabilità di riempire la terra e di soggiogarla attraverso il lavoro, nell'osservanza della sua Legge.

Lo « shabbat »: il gioioso riposo del Creatore
Se è esemplare per l'uomo, nella prima pagina della Genesi, il « lavoro » di Dio, altrettanto lo è il suo « riposo »:
« Cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro« (Gn 2, 2). Anche qui siamo di fronte ad un antropomorfismo ricco di un fecondo messaggio.

Il « riposo » di Dio non può essere banalmente interpretato come una sorta di « inattività » di Dio. L'atto creatore che è a fondamento del mondo è infatti di sua natura permanente e Dio non cessa mai di operare, come Gesù stesso si preoccupa di ricordare proprio in riferimento al precetto del sabato: « Il Padre mio opera sempre e anch'io opero » (Gv 5, 17).
Il riposo divino del settimo giorno non allude a un Dio inoperoso, ma sottolinea la pienezza della realizzazione compiuta e quasi esprime la sosta di Dio di fronte all'opera « molto buona » (Gn 1, 31) uscita dalle sue mani, per volgere ad essa uno sguardo colmo di gioioso compiacimento: uno sguardo « contemplativo », che non mira più a nuove realizzazioni, ma piuttosto a godere la bellezza di quanto è stato compiuto; uno sguardo portato su tutte le cose, ma in modo particolare sull'uomo, vertice della creazione.
È uno sguardo in cui si può in qualche modo già intuire la dinamica « sponsale » del rapporto che Dio vuole stabilire con la creatura fatta a sua immagine, chiamandola ad impegnarsi in un patto di amore. È ciò che egli realizzerà progressivamente, nella prospettiva della salvezza offerta all'intera umanità, mediante l'alleanza salvifica stabilita con Israele e culminata poi in Cristo:
sarà proprio il Verbo incarnato, attraverso il dono escatologico dello Spirito Santo e la costituzione della Chiesa come suo corpo e sua sposa, ad estendere l'offerta di misericordia e la proposta dell'amore del Padre all'intera umanità.
(...)
Il precetto del sabato, che nella prima Alleanza prepara la domenica della nuova ed eterna Alleanza, si radica dunque nella profondità del disegno di Dio. Proprio per questo esso non è collocato accanto ad ordinamenti semplicemente cultuali, come è il caso di tanti altri precetti, ma all'interno del Decalogo, le « dieci parole » che delineano i pilastri della vita morale, inscritta universalmente nel cuore dell'uomo.
Cogliendo questo comandamento nell'orizzonte delle strutture fondamentali dell'etica, Israele e poi la Chiesa mostrano di non considerarlo una semplice disposizione di disciplina religiosa comunitaria, ma un'espressione qualificante e irrinunciabile del rapporto con Dio annunciato e proposto dalla rivelazione biblica.
È in questa prospettiva che tale precetto va anche oggi riscoperto da parte dei cristiani. Se esso ha pure una naturale convergenza con il bisogno umano del riposo, è tuttavia alla fede che bisogna far capo per coglierne il senso profondo, e non rischiare di banalizzarlo e tradirlo.

Il giorno del riposo è dunque tale innanzitutto perché è il giorno « benedetto » da Dio e da lui « santificato », ossia separato dagli altri giorni per essere, tra tutti, il « giorno del Signore ».
(...)
In realtà, tutta la vita dell'uomo e tutto il tempo dell'uomo, devono essere vissuti come lode e ringraziamento nei confronti del Creatore. Ma il rapporto dell'uomo con Dio ha bisogno anche di momenti di esplicita preghiera, in cui il rapporto si fa dialogo intenso, coinvolgente ogni dimensione della persona. Il « giorno del Signore » è, per eccellenza, il giorno di questo rapporto, in cui l'uomo eleva a Dio il suo canto, facendosi voce dell'intera creazione.

Proprio per questo è anche il giorno del riposo: l'interruzione del ritmo spesso opprimente delle occupazioni esprime, con il linguaggio plastico della « novità » e del « distacco », il riconoscimento della dipendenza propria e del cosmo da Dio.
Tutto è di Dio! Il giorno del Signore torna continuamente ad affermare questo principio.
Il « sabato » è stato perciò suggestivamente interpretato come un elemento qualificante in quella sorta di « architettura sacra » del tempo che caratterizza la rivelazione biblica.
Esso sta a ricordare che a Dio appartengono il cosmo e la storia, e l'uomo non può dedicarsi alla sua opera di collaboratore del Creatore nel mondo, senza prendere costantemente coscienza di questa verità."


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