L'uomo non può vivere senza amore
"L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente.
E perciò appunto Cristo Redentore - come è stato già detto - rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. Questa è - se così è lecito esprimersi - la dimensione umana del mistero della Redenzione.
In questa dimensione l'uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel mistero della Redenzione l'uomo diviene nuovamente «espresso» e, in qualche modo, è nuovamente creato. Egli è nuovamente creato!
«Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
L'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo.
Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso.
Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso.
Quale valore deve avere l'uomo davanti agli occhi del Creatore se «ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore», se «Dio ha dato il suo Figlio», affinché egli, l'uomo, «non muoia, ma abbia la vita eterna».
In realtà, quel profondo stupore riguardo al valore ed alla dignità dell'uomo si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella.
Si chiama anche Cristianesimo.
Questo stupore giustifica la missione della Chiesa nel mondo, anche, e forse di più ancora, «nel mondo contemporaneo».
Questo stupore, ed insieme persuasione e certezza, che nella sua profonda radice è la certezza della fede, ma che in modo nascosto e misterioso vivifica ogni aspetto dell'umanesimo autentico, è strettamente collegato a Cristo.
Esso determina anche il suo posto, il suo - se così si può dire - particolare diritto di cittadinanza nella storia dell'uomo e dell'umanità.
La Chiesa, che non cessa di contemplare l'insieme del mistero di Cristo, sa con tutta la certezza della fede, che la Redenzione, avvenuta per mezzo della croce, ha ridato definitivamente all'uomo la dignità ed il senso della sua esistenza nel mondo, senso che egli aveva in misura notevole perduto a causa del peccato.
E perciò la Redenzione si è compiuta nel mistero pasquale, che attraverso la croce e la morte conduce alla risurrezione.
Il còmpito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell'uomo, di indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo, di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù. Contemporaneamente, si tocca anche la più profonda sfera dell'uomo, la sfera - intendiamo - dei cuori umani, delle coscienze umane e delle vicende umane. "
Dall'enciclica Redemptor Hominis di Giovanni Paolo II, 1979, documento con le riflessioni di inizio pontificato.
Per leggerla integralmente clicca:
http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_04031979_redemptor-hominis.html
E perciò appunto Cristo Redentore - come è stato già detto - rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. Questa è - se così è lecito esprimersi - la dimensione umana del mistero della Redenzione.
In questa dimensione l'uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel mistero della Redenzione l'uomo diviene nuovamente «espresso» e, in qualche modo, è nuovamente creato. Egli è nuovamente creato!
«Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
L'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo.
Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso.
Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso.
Quale valore deve avere l'uomo davanti agli occhi del Creatore se «ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore», se «Dio ha dato il suo Figlio», affinché egli, l'uomo, «non muoia, ma abbia la vita eterna».
In realtà, quel profondo stupore riguardo al valore ed alla dignità dell'uomo si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella.
Si chiama anche Cristianesimo.
Questo stupore giustifica la missione della Chiesa nel mondo, anche, e forse di più ancora, «nel mondo contemporaneo».
Questo stupore, ed insieme persuasione e certezza, che nella sua profonda radice è la certezza della fede, ma che in modo nascosto e misterioso vivifica ogni aspetto dell'umanesimo autentico, è strettamente collegato a Cristo.
Esso determina anche il suo posto, il suo - se così si può dire - particolare diritto di cittadinanza nella storia dell'uomo e dell'umanità.
La Chiesa, che non cessa di contemplare l'insieme del mistero di Cristo, sa con tutta la certezza della fede, che la Redenzione, avvenuta per mezzo della croce, ha ridato definitivamente all'uomo la dignità ed il senso della sua esistenza nel mondo, senso che egli aveva in misura notevole perduto a causa del peccato.
E perciò la Redenzione si è compiuta nel mistero pasquale, che attraverso la croce e la morte conduce alla risurrezione.
Il còmpito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell'uomo, di indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo, di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù. Contemporaneamente, si tocca anche la più profonda sfera dell'uomo, la sfera - intendiamo - dei cuori umani, delle coscienze umane e delle vicende umane. "
Dall'enciclica Redemptor Hominis di Giovanni Paolo II, 1979, documento con le riflessioni di inizio pontificato.
Per leggerla integralmente clicca:
http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_04031979_redemptor-hominis.html
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