Rubrica/ Vitamine cristiane (1). Una Presenza eccezionale
"Immaginiamoci allora l’umanità…
Lo pensavo quando ho visto a Milano i trecento esponenti di trecento religioni convocati dal Cardinale di Milano per affermare il valore dell’unità tra gli uomini e della pace nel mondo: trecento, tante teste, tanti pareri, tanti modi di pensare a questo mistero da cui evidentemente tutto nasce, perché noi non abbiamo fatto niente, non ci siamo fatti neanche noi, non ci facciamo noi neanche adesso.
In questo groviglio di tentativi per immaginarsi l’origine e il senso della propria vita, in questa confusione immane, dobbiamo dirlo - ai ragazzi dico spesso che il mondo umano è come una grande piazza dove tutti si arrabattano a cercare di costruire delle specie di scale per andare su, su, a vedere cosa c’è al fondo delle cose o all’origine delle cose -, immaginiamo che, improvvisamente, avvenisse una cosa straordinaria...
(...)
un uomo, un uomo che era stato piccolo, che aveva giocato da piccolo, che ha succhiato il latte di sua madre, che aveva compagni, qualche volta aveva qualche strana uscita così eccezionalmente intelligente che lasciava meravigliati anche i grandi, come i dottori della legge del tempio, che, diventato più grande, in mezzo a tutta la gente, osò dire: «Io sono la via, la verità, la vita».
Un avvenimento, dunque, assolutamente imprevedibile, impensabile, non deducibile dai fattori antecedenti, perché suo padre e sua madre erano due esseri umani, come tutti gli altri.
E poi è proprio l’unico, l’unico caso nella storia, perché i profeti o i geni religiosi, avendo forte il senso della differenza tra l’uomo e Dio, hanno una profonda percezione del loro limite, della loro indegnità. Tutt’al più, quando sono grandi geni, specie i profeti messi da Dio nel mondo, dicono: «Questa è la strada per andare alla verità». Nessuno si è mai sognato di dire: «Io sono la via, la verità, la vita».
Se avvenisse un uomo così?
È avvenuto, è accaduto un uomo di questo genere, avvenimento imprevisto, imprevedibile, non conseguenza dei suoi antecedenti. E chi lo ha incontrato, che meraviglia, che stupore, che impressione!
L’impressione di una eccezionalità senza confini.
È esattamente quello che è successo a quelli che lo hanno visto nel primo momento in cui lui ha deciso di farsi conoscere.
(...)
«La vita dell’uomo consiste nell’affetto che principalmente lo sostiene e nel quale trova la sua più grande soddisfazione» (è una frase di Tommaso d’Aquino).
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Dunque, il metodo per essere cristiani, per diventare cristiani, per ridiventare cristiani, è semplice.
Il metodo ha origine dalla fede:
la fede è il riconoscimento di una presenza eccezionale, inspiegabile, la quale presenza eccezionale c’entra col nostro destino, sentiamo che c’entra col nostro destino.
Il metodo per ridiventare cristiani ha origine nella fede, che è il riconoscimento, nella propria vita, di una presenza eccezionale che c’entra col destino.
Questa presenza eccezionale, uno che vede Madre Teresa di Calcutta, la vede in Madre Teresa di Calcutta, ma non è lei, si capisce che non è lei.
Ma è quello che tutti noi siamo chiamati a fare, tutti; così che altri, vedendoci, capiscano che - peccatori o no - c’è dentro qualcosa di eccezionale, che ci viene da un’origine eccezionale: «Ti amo, o Cristo».
Anch’io, peccatore più di tutti, posso dire: «Ti amo, o Cristo».
Termino con una frase, ancora di quel romanziere che ho citato prima, Kafka. Ma guardate perché la cito, con che ragione.
Dice Kafka: «Anche se la salvezza [il senso della vita] non viene [era ateo], voglio però esserne degno a ogni momento».
Che grandezza, che magnanimità, che stoicità! È grande, lo diceva seriamente. Per lui fu così.
«Anche se la salvezza non viene, voglio però esserne degno a ogni istante»; perché se uno non cerca di essere degno della salvezza, anche se non viene, a ogni istante, non è più uomo.
Perché l’uomo è un cuore che desidera e respira, ed è fatto per la felicità, per la verità, per la giustizia e per l’amore.
Allora uno, ogni momento, cerca di essere degno di questa aspirazione, anche se non viene la risposta.
Ma Kafka fa uno sbaglio. Se fossimo in classe direi: «Chi sa rispondere a questa domanda: ragazzi, in che cosa sbaglia Kafka?». In questo: che vive ogni momento in modo tale da essere degno della salvezza, ma non chiede la salvezza, non domanda, non mendica. Questa è l’ultima parola che vi lascio: «Mendicanza».
Siamo peccatori fin quanto si vuole, ma mendicanti.
«Sì, Signore, io ti amo», vivo mendicando da Te la capacità di progredire, di resistere, di essere fedele, di continuare, mendicando da Te la capacità di amarti. Perché da noi non viene nulla, tutto ci viene da Lui, da quest’uomo che è nato dalla Madonna duemila anni fa e che è presente ora: «Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» [Mt 28,20] - tutti i giorni fino alla fine del mondo! -.
Ed è presente e si lascia intravedere attraverso l’eccezionalità che realizza in chi crede in Lui. Per quanto piccoli siamo, se noi crediamo in Lui, se diciamo: «Ti amo, Signore», c’è qualcosa che in noi avviene, per cui un altro, vedendolo, ci dice: «Come fai a essere così, come mai sei così? Come fai a essere così?».
Ma la trasformazione più grande, l’eccezionalità più grande è l’uomo che mendica dal Mistero di conoscerlo, di amarlo e di servirlo: mendica. È la preghiera. La preghiera è solo mendicanza, mendicare da Dio la capacità di poter riesprimere la frase di Pietro: «Signore, tu lo sai che io ti amo». Comunque sia, lo può ripetere chiunque di noi, in qualsiasi stato d’animo sia. "
Appunti da una conversazione di Luigi Giussani nella Basilica di Sant’Antonio. Padova, 11 febbraio 1994
[Don Luigi Giussani è il sacerdote fondatore del movimento cattolico Comunione e Liberazione]
Parti evidenziate in grassetto decise da me, Francesca
Testo completo consultabile su:
https://it.clonline.org/tracce/pagina-uno/come-si-diventa-cristiani
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