La pace, la guerra e la guerra giusta nel Catechismo della Chiesa Cattolica
PARTE TERZA
LA VITA IN CRISTO
SEZIONE SECONDA
I DIECI COMANDAMENTI
CAPITOLO SECONDO
«AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO»
ARTICOLO 5
IL QUINTO COMANDAMENTO
« Non uccidere » (Es 20,13).
« Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio". Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio » (Mt 5,21-22).
2258 (...)
I. Il rispetto della vita umana
La testimonianza della storia sacra
2259 (...) 2260 (...) 2261 (...) 2262 (...)
La legittima difesa
2263 La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un'eccezione alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio volontario. « Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della propria vita; mentre l'altro è l'uccisione dell'attentatore ». 174 « Nulla impedisce che vi siano due effetti di uno stesso atto, dei quali uno sia intenzionale e l'altro preterintenzionale ». 175
2264 L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale:
« Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita [...]. E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui ». 176
2265 La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.
2266 Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole.
2267 Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune.
Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi.
Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che «la pena di morte è inammissibile perchè attenta all'inviolabilità e dignità della persona», 177 e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo.
L'omicidio volontario
2268 (...) 2269 (...)
L'aborto
2270 (...) 2271 (...) 2272 (...) 2273 (...) 2274 (...) 2275 (...)
L'eutanasia
2276 (...) 2277 (...) 2278 (...) 2279 (...)
Il suicidio
2280 (...) 2281 (...) 2282 (...) 2283 (...)
II. Il rispetto della dignità delle persone
Il rispetto dell'anima altrui: lo scandalo
2284 (...) 2285 (...) 2286 (...) 2287 (...)
Il rispetto della salute
2288 (...) 2289 (...) 2290 (...) 2291 (...)
Il rispetto della persona e la ricerca scientifica
2292 (...) 2293 (...) 2294 (...) 2295 (...) 2296 (...)
Il rispetto dell'integrità corporea
2297 (...) 2298 (...)
Il rispetto dei morti
2299 (...) 2300 (...) 2301 (...)
La pace
2302 Richiamando il comandamento: « Non uccidere » (Mt 5,21), nostro Signore chiede la pace del cuore e denuncia l'immoralità dell'ira omicida e dell'odio.
L'ira è un desiderio di vendetta. « Desiderare la vendetta per il male di chi va punito è illecito »; ma è lodevole imporre una riparazione « al fine di correggere i vizi e di conservare il bene della giustizia ». 201 Se l'ira si spinge fino al proposito di uccidere il prossimo o di ferirlo in modo brutale, si oppone gravemente alla carità; è un peccato mortale. Il Signore dice: « Chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio » (Mt 5,22).
2303 L'odio volontario è contrario alla carità. L'odio del prossimo è un peccato quando l'uomo vuole deliberatamente per lui il male. L'odio del prossimo è un peccato grave quando deliberatamente si desidera per lui un grave danno. « Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste... » (Mt 5,44-45).
2304 Il rispetto e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace. La pace non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l'equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l'assidua pratica della fratellanza. È la « tranquillità dell'ordine ». 202 È « frutto della giustizia » (Is 32,17) ed effetto della carità. 203
2305 La pace terrena è immagine e frutto della pace di Cristo, il « Principe della pace » (Is 9,5) messianica. Con il sangue della sua croce, egli ha distrutto in se stesso l'inimicizia, 204 ha riconciliato gli uomini con Dio e ha fatto della sua Chiesa il sacramento dell'unità del genere umano e della sua unione con Dio. 205 « Egli è la nostra pace » (Ef 2,14). E proclama: « Beati gli operatori di pace » (Mt 5,9).
2306 Coloro che, per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, rinunciano all'azione violenta e cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei più deboli, rendono testimonianza alla carità evangelica, purché ciò si faccia senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle società. Essi legittimamente attestano la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla violenza, che causa rovine e morti. 206
Evitare la guerra
2307 Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la bontà divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra. 207
2308 Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre.
« Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa ». 208
2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
— che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
— che ci siano fondate condizioni di successo;
— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della « guerra giusta ».
La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.
2310 I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale.
Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al mantenimento della pace. 209
2311 I pubblici poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana. 210
2312 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. « Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto ». 211
2313 Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri.
Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un « genocidio ».
2314 « Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato ». 212 Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche.
2315 L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; 213 ostacola lo sviluppo dei popoli. L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause di conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.
2316 La produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle nazioni e della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno pertanto il diritto e il dovere di regolamentarli. La ricerca di interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale.
2317 Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra:
« Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina: "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Is 2,4) ». 214
Note
(174) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.
(175) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.
(176) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.
(177) Francesco, Discorso ai partecipanti all'incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11 ottobre 2017): L'Osservatore Romano (13 ottobre 2017), 5.
--------------------------------------
(201) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 158, a. 1, ad 3: Ed. Leon. 10, 273.
(202) Sant'Agostino, De civitate Dei, 19, 13: CSEL 402, 395 (PL 41, 640).
(203) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101.
(204) Cf Ef 2,16; Col 1,20-22.
(205) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1: AAS 57 (1965) 5.
(206) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101-1102.
(207) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 81: AAS 58 (1966) 1105.
(208) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.
(209) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.
(210) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.
(211) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.
(212) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 80: AAS 58 (1966) 1104.
(213) Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 53: AAS 59 (1967) 283.
(214) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1102.
Commenti