Fede e Ragione

"La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso"
Giovanni Paolo II, 1998
Enciclica Fides et Ratio. 
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"Lontano da noi il pensiero che Dio abbia in odio la facoltà della ragione, in virtù della quale ci ha creati superiori agli altri esseri animati. Lontano da noi il credere che la fede ci impedisca di trovare o cercare la spiegazione razionale di quanto crediamo, dal momento che non potremmo neppure credere, se non avessimo un'anima razionale. Quando perciò si tratta di verità concernenti la dottrina della salvezza, che non possiamo ancora comprendere con la ragione (ma lo potremo un giorno), alla ragione deve precedere la fede; essa purifica la mente e la rende capace di percepire e sostenere la luce della suprema ragione divina: anche ciò è un'esigenza della ragione!"
Agostino di Ippona, Lettera 120.
Risposta al dilettissimo fratello Cosenzio. Data: circa 410 d.C.

"Sebbene la verità della fede cristiana superi la capacità della ragione, tuttavia i principi naturali della ragione non possono essere in contrasto con codesta verità"
Tommaso d'Aquino, dalla Somma contro i Gentili. Data: intorno al 1260 circa.

"Infatti non inutilmente Iddio accese nella mente umana il lume della ragione; ed è così lungi dal vero che la luce della fede aggiunta alla ragione ne spenga la virtù o l’affievolisca, ché anzi la perfeziona, accresciutane la vigorìa, la rende adatta a cose più alte. Dunque l’ordine della stessa Provvidenza divina richiede che, per ricondurre i popoli alla fede ed alla salute, si domandi aiuto anche alla scienza umana; tale soluzione, prudente e saggia, fu usata frequentemente dai più illustri Padri della Chiesa, come attestano le memorie dell’antichità. Essi infatti furono soliti dare alla ragione molte ed importantissime parti
(...)
Innanzi tutto la filosofia: se dai sapienti viene usata rettamente, serve in certo qual modo a spianare ed a rafforzare la via alla vera fede, e ad apparecchiare convenientemente gli animi dei suoi discepoli a ricevere la rivelazione; onde, non senza ragione, fu detta dagli antichi, ora "istituzione preparatoria alla fede cristiana", ora "preludio ed aiuto del cristianesimo", ora, "guida al Vangelo".
Certamente il benignissimo Iddio, in ciò che appartiene alle cose divine, col lume della fede non manifestò solamente quelle verità alle quali l’intelligenza umana è incapace di giungere, ma ne manifestò pure alcune altre non del tutto impenetrabili dalla ragione, affinché per l’autorità divina subito e senza commistione di errore fossero a tutti palesi.
Quindi alcune verità, o divinamente rivelate o strettamente connesse con l’insegnamento della fede, furono conosciute, con la scorta della ragione naturale, anche dai filosofi pagani e dai medesimi con argomenti propri dimostrati e difesi. 
"Giacché, come dice l’Apostolo, le perfezioni invisibili di Lui fin dalla creazione del mondo, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili, e così anche la Sua eterna potenza e divinità" (Rm 1,20); e "le genti che non hanno legge mostrano, ciononostante, che il bisogno della legge è scritto nei loro cuori" (Rm 2,14-15). 
Or dunque è assai opportuno rivolgere a bene e a vantaggio della rivelazione queste verità conosciute dagli stessi filosofi pagani, allo scopo di mostrare concretamente che anche l’umana sapienza e gli stessi avversari rendono favorevole testimonianza alla fede cristiana. 
Consta che tale comportamento non è stato introdotto recentemente, ma è antico e usato spesso dai Santi Padri della Chiesa. Anzi, questi venerabili testimoni e custodi delle tradizioni religiose riconoscono una certa similitudine e quasi una figura di ciò nel fatto degli Ebrei, ai quali, in partenza dall’Egitto, fu comandato di portare con sé i vasi d’argento e d’oro degli Egiziani nonché le vesti preziose, affinché, mutatone subito l’uso, fosse dedicato al culto del vero Dio ciò che prima era servito a riti d’ignominia e di superstizione. 
Gregorio di Neocesarea loda Origene per avere con singolare abilità rivolto in difesa della sapienza cristiana e a danno della superstizione molti detti ingegnosamente distaccati dai precetti dei pagani, a guisa di saette strappate di mano al nemico. 
Ed un simile modo di disputare Gregorio Nazianzeno e Gregorio Nisseno lodano ed approvano in Basilio Magno; e Girolamo sommamente l’esalta in Quadrato, discepolo degli Apostoli, in Aristide, in Giustino, in Ireneo ed in molti altri . Agostino poi: "Non vediamo noi, dice, con quanto oro e con quanto argento, ricco di vesti, sia uscito dall’Egitto il dottore soavissimo e beatissimo martire Cipriano? Con quanto Lattanzio? Con quanto Vittorino, Ottato, Ilario? e per tacere dei vivi, con quanto innumerevoli Greci?" . 
Se la ragione naturale diede questa ricca messe di dottrina prima che essa fosse fecondata dalla virtù di Cristo, molto più abbondante certamente ne produrrà da quando la grazia del Salvatore ristorò e aumentò le sue forze native. E chi non vede come con siffatto modo di filosofare si apre una via piana e facile alla fede?"
Leone XIII, 1879
Dall'enciclica Aeterni Patris
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Qui di seguito un piccolo estratto dal racconto La Croce Azzurra di G.K. Chesterton - con protagonista Padre Brown, il celebre prete detective.
Contesto: padre Brown riesce a smascherare il ladro che si era travestito da prete (cioè da "collega") e che si lanciava anche in discorsi religiosi per meglio interpretare la parte.
Alla fine, padre Brown gli spiega come ha fatto a verificare i sospetti su di lui, ad impedirgli il furto... e anche a scoprire che era un finto sacerdote.

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"Ma, in verità, è stata un’altra parte della mia esperienza professionale ad assicurarmi che non eravate un prete" 
"Quale?", domandò il ladro quasi a bocca aperta. 
"Voi attaccaste la ragione", rispose Padre Brown. "E questa è cattiva teologia". 


"La ragione è sempre ragionevole, anche nell’ultimo limbo, anche al limite ultimo delle cose. So bene che si accusa la Chiesa di abbassare la ragione, ma è il contrario, invece. Sola sulla terra, la Chiesa fa la ragione veramente suprema. Sola sulla terra, la Chiesa afferma che Dio stesso è legato alla ragione"
G.K. Chesterton, La Croce Azzurra, 1910



... E, dopo Agostino e Tommaso, facciamo ancora un salto nel Medioevo (giusto per continuare a togliere qualche fake news sui medievali)...

"Come nella fede si ha l’inizio di tutto quanto il bene, così nella conoscenza c'è il compimento di tutto il bene e la sua perfezione. Cerchiamo di raggiungere, quindi, la perfezione e, per i gradi attraverso i quali ci è dato di progredire, affrettiamoci a giungere dalla fede alla conoscenza: adoperiamoci intensamente, nella misura in cui ci è possibile, ad intendere quello che crediamo. 
Pensiamo a quanto si sono dimostrati diligenti e fin a che punto hanno progredito in una simile conoscenza i filosofi di questo mondo, e vergogniamoci di risultare - sotto questo aspetto - inferiori a loro.
Pertanto, il fatto che noi crediamo nei riguardi di Dio ciò che è ortodosso e vero, non deve bastarci; diamoci ben da fare, piuttosto, come si è detto, per capire ciò che crediamo. Non stanchiamoci di tentare, per quanto è lecito e possibile, di comprendere con la ragione ciò che riteniamo per fede".
Riccardo di San Vittore, dal Prologo del trattato De Trinitate.
Fonte: Manuale di Filosofia Medievale online, Università di Siena, Facoltà di lettere e filosofia

Chi è Riccardo di San Vittore?
Priore dell’abbazia benedettina di San Vittore, Parigi, è stato un importante teologo, filosofo e mistico francese di origine scozzese. 
Nato intorno al 1110 (Scozia), morto nel 1173 (Parigi), la sua fama era tale da essere citato da Dante nella Divina Commedia (opera scritta nei primi anni del 1300):
«Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro / d'Isidoro, di Beda e di Riccardo, / che a considerar fu più che viro.»
(Divina Commedia, Paradiso, X, 130-132)

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